La panchina di Mariella Forever

The Warrior, il film con Zac Efron è una terribile storia vera di sport e ossessione

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    The Warrior, il film con Zac Efron è una terribile storia vera di sport e ossessionelapanchinadimariella-17100948706925
    Esistenze votate a ogni tipo di sacrificio per raggiungere l’agognato successo che però si frantumano davanti ai colpi della vita e all’autodistruzione generata da un ambiente famigliare e culturale tossico e anaffettivo. La storia della famiglia Von Erich, stirpe pluripremiata del mondo del wrestling americano e funestata da disgrazie e lutti, è al centro del terzo film diretto da Sean Durkin: “The Warrior – The Iron calw”. Il film esce nelle sale italiane giovedì 1 febbraio distribuito da Eagle Peacture. Voce narrante e protagonista della storia è il maggiore dei fratelli Von Erich, Kevin, interpretato da uno Zac Efron in versione extra large, il patriarca della famiglia che porta incoscientemente i suoi figli al macello credendo invece di illuminare loro la via della gloria è interpretato da Holt McCallany, mentre Jeremy Allen White, Harris Dickinson e Stanley Simons sono gli sfortunati Kerry, David e Mike Von Erich.

    The Warrior, la trama del film con Zac Efron
    Anni ’60, siamo su un ring dove un lottatore ne dà di santa ragione al suo avversario vincendo il match. Ad attenderlo a fine serata fuori dal palazzetto una ragazza incinta e due bei bambini biondi. Il lottatore giura alla ragazza che si lasceranno dietro le spalle l’inferno che hanno vissuto fino ad allora e che lui riuscirà a dare alla sua famiglia una casa e una vita dignitosa. Stacco di un quindicennio. Il lottatore ha dovuto smettere con l’attività agonistica per raggiunti limiti di età e si concentra su due giovanottoni tutti muscoli che sono il ritratto della salute e della semplicità, con l’unico sogno di accontentare l’incontentabile papà e nessun altro impegno che quello di rendere l’ingombrante genitore orgoglioso dei suoi ragazzi, trascinati sin da giovanissimi sul ring per portare la famiglia von Erich a conquistare i più importanti allori del wrestling, a iniziare dall’ambita cintura di Campione del Mondo. Le attenzioni di papà Fritz si appuntano all’inizio sul maggiore dei suoi figli, Kevin ,una montagna di muscoli che fuori dal ring fa fatica ad esprimersi ed è timidissimo in ogni situazione. I favori del padre si sposteranno quindi presto sul secondogenito, il vulcanico David, la cui presenza scenica lo rende ideale per quel baraccone a metà tra farsa e atletismo che sono gli incontri di wrestling. David nel suo momento migliore, a un passo dalla cintura va incontro alla morte, ma il padre ha già pronto un altro candidato al titolo fatto in casa: Kerry, un passato sulle piste di atletica, animato da particolare antagonismo verso il fratello Kevin e il più inquieto di tutti i fratelli ma anche il più talentuoso. Quando la sorte si abbatte su Kerry è la volta del più piccolo Mike, un ragazzino che, a differenza dei fratelli, coltiva altri interessi e ambizioni nel mondo della musica che saranno ovviamente stroncati dal volere del padre padrone che lo trascinerà anche lui sul ring.
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    The Warrior, l’artiglio di una cultura tossica che stritola vite
    Vincenti e perdenti, beniamini delle folle e dannati, lottatori nerboruti e anime fragilissime, duri da fight show e ragazzi cresciuti senza il conforto di una parola d’affetto. La parabola dei fratelli Von Erich nella realtà è stata molto più complessa e dura di quello che racconta il film di Sean Durkin, che esclude da una narrazione che sarebbe stata davvero difficile da fare digerire il pubblico, anche l’esistenza di un quinto fratello wrestler, finito suicida. Ma questa epopea famigliare nera viene usata non solo per raccontare una delle tante storie incredibili che il destino sa scrivere, ma per mettere alla berlina una cultura che, come l’artiglio d’acciaio del titolo originale del film finisce per stritolare anime e corpi, per annientare volontà e speranze. I quattro fratelli Von Erich, ragazzoni in salute, con nessuna ambizione al di fuori di quella di mettersi in luce agli occhi del padre bramandone una parola di affetto e di stima, crescono in una casa a cui il regista dà subito un’importanza fondamentale, presentandocela nelle prima scene. Una casa circondata dalla campagna e piena di cose, ma dove la luce filtra poco, una casa piena di crocifissi e immagini sacre, dove l’altarino più venerato è una vetrinetta piena zeppa di luccicanti armi da fuoco. In questa casa crescono i futuri idoli del ring, e quando hanno un problema nemmeno ci provano a rivolgersi al padre, che da loro pretende solo sudore e titoli e nemmeno un fiato. Ma anche la madre, che si aggira tra quelle mura silenziosa, invisibile, devota e chiusa al mondo come una suora di clausura, è capace mai di una parola di conforto. E se qualcuno dei figli chiede aiuto, la risposta univoca dei genitori è “risolvetela tra voi ragazzi”. In questo contesto il personaggio di Kevin, il maggiore, dal cui punto di vista vediamo questa storia, è quello che attraversa le maggiori tempeste emotive, perché si sente responsabile per tutti i fratelli che vedrà cadere uno dopo l’altro. Il sopravvissuto si salverà solo perché avrà la fortuna di trovare qualcuno che lo costringe a uscire fisicamente e mentalmente da quella casa e da quell’ambiente tossico. La ragazza che poi diventerà sua moglie gli insegnerà tutto dell’amore e lo porterà a guardare oltre la devozione alle assurde pretese del patriarca e quindi, a spezzare una catena di tragedie. Il film parte in modo lento, piatto, asettico, come un biopic televisivo, ma man mano che ci si addentra nei rapporti e nelle vicende di questa famiglia disfunzionale, Durkin riesce a trovare una chiave per dargli più spessore e allargare lo sguardo. Una tragedia famigliare diventa così una toccante metafora di come una cultura dove trionfa la legge del più forte, dove esiste solo chi vince e dove ogni fallimento è un onta e ogni fragilità una vergogna da nascondere, può distruggere esistenze. Kevin Von Erich regala poi a Zac Efron l’occasione per il suo ruolo più riuscito. La sua interpretazione forzatamente trattenuta all’inizio, viene pian piano fuori come i sentimenti che Kevin impara a caro prezzo a conoscere e riconoscere. Un film che non lascia indifferenti.
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