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C’è un ventiduenne che ha appena vinto gli Australia Open, che dice di non amare i social perché lì non c’è la verità. E dice ai ragazzi di stare attenti.
E poi c’è un ventenne che, schiavo di quei social, accetta una sfida mortale lanciandosi su un’auto di lusso a grande velocità, investendo e uccidendo un bambino di cinque anni. Che se la caverà con una pacca sulla spalla. O poco più.
In mezzo, c’è un esercito di giovani e giovanissimi che si avvicinano ai social quando non hanno ancora la testa per capire che quella non è la vita reale, e ci si tuffano dentro facendone dipendere la loro felicità, solo perché annoiati, perché viziati, perché lo fanno tutti.
Tra l’estremo dell’eccellenza e l’estremo del pessimo c’è la stra grande maggioranza di ragazzi “normali” che hanno bisogno di essere guidati, controllati, aiutati. Anche alle sconfitte, anche alla noia, anche agli errori. Alla vita. Quella vera.
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0 replies since 1/2/2024, 09:26 32 views
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