La panchina di Mariella Forever

Riccardo Muti si rifiuta di cancellare la parola “negri” dall’opera di Giuseppe Verdi: “Non era razzista”

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    Riccardo Muti si rifiuta di cancellare la parola “negri” dall’opera di Giuseppe Verdi: “Non era razzista”fotocantanti_12
    “Ho voluto lasciarla perché cambiare il testo non cambia la Storia, mentre conoscerla nella sua crudeltà è importante per le nuove generazioni”. Lo dice il maestro Riccardo Muti, che alla guida della ‘sua’ Chicago Symphony Orchestra ha diretto ‘Un ballo in maschera‘ di Giuseppe Verdi in forma di concerto proprio nella metropoli dell’Illinois giovedì scorso, lasciando invariata la celebre frase del libretto in cui un giudice definisce l’indovina Ulrica “dell’immondo sangue dei negri”, che invece in diversi teatri è stata modificata in nome del politicamente corretto.


    Riccardo Muti in difesa di Giuseppe Verdi
    “L’ho fatto – spiega l’80enne direttore d’orchestra napoletano – perché Verdi non è un razzista e quella frase disumana, in bocca al personaggio del giudice, è per denigrare lui, non la maga ‘nera’ a cui è rivolta, che viene difesa dagli altri nella stessa scena. Verdi era una persona di grande moralità, oltre che un grande musicista, voleva attaccare la legalità cieca, non i neri. Quando l’ho spiegato, ho chiesto al tenore Lunga Eric Hallam se si sentisse disturbato a cantare la frase. Lui, sudafricano, nero, mi ha detto: ‘Maestro, no problem'”.
    Nel cast il tenore Francesco Meli, il baritono Luca Salsi, il soprano Damiana Mizzi, Joyce El-Khoury, Yulia Matochkina, Alfred Walker, Kevin Short, Ricardo José Rivera, Lunga Eric Hallam, Martin Luther Clark. Un evento anche perché il ‘Ballo’ è l’ultima opera che Muti esegue da direttore musicale, visto che il suo incarico alla Chicago Symphony terminerà nel giugno 2023 con la Messa solenne di Beethoven, anche se già si parla di impegni.

    Il disprezzo per la “cancel culture” e il politicamente corretto
    Muti punta il dito contro la ‘cancel culture’ e il politicamente corretto: “Noi dall’America importiamo soprattutto le cose negative. E’ come camminare sulle uova – dice in un’intervista al Corriere della Sera – devi stare attento a non dire questo e quello, ogni riferimento anche vago può insospettire, offendere, essere usato contro di te. Sono contrarissimo ai teatri che si fanno il make up e cambiano le parole dei libretti. La storia non puoi cambiarla, va tenuta nella sua essenza, nel bene e nel male, perché le prossime generazioni possano sapere. Non aiutiamo i giovani in quel modo, anzi…”.

    Quanto a Verdi, compositore da lui particolarmente amato, Muti ricorda la vicenda che vede protagonista in questi giorni “la sua casa di Sant’Agata” dove “tutto è come lui l’aveva lasciata, ed è messa all’asta. Una vergogna che il governo non intervenga. Dovrebbe essere un museo. È dell’autore più eseguito al mondo”, chiosa a Repubblica il direttore d’orchestra napoletano, che ha da poco festeggiato 52 anni di matrimonio con la moglie Cristina: “Una bella cosa, sì, a partire dai figli che hanno visto il padre sempre dietro un pianoforte a studiare. Ma questo mi ha permesso di essere libero. Io non sono mai stato coi comunisti, coi democristiani, coi massoni come mi hanno accusato. Mai avuto appartenenze. La mia carriera l’hanno fatta le orchestre”, conclude.


    www.secoloditalia.it/
     
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