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MILTON ERICKSON PADRE DELL'IPNOSI

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    Milton Erickson nacque in Nevada (Stati Uniti), nel 1901. A quei tempi l'ipnosi era ancora considerata una tecnica esoterica o circense.
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    Milton Erickson è considerato il padre dell’ipnosi moderna, oggi chiamata ipnoterapia. Questo medico e psicologo statunitense fu pioniere nel campo dell’ipnoterapia. La sua influenza fu decisiva per lo sviluppo di questa tecnica e si distinse anche come terapeuta familiare.

    Milton Erickson nacque in Nevada (Stati Uniti), nel 1901. A quei tempi l’ipnosi era ancora considerata una tecnica esoterica o circense. Egli riuscì, però, a superare tali superstizioni e a trasformarla in uno strumento terapeutico di comprovata validità.

    “Si sente una poesia, un quadro, una statua. Sentire è una parola molto significativa. Non sentiamo solo con le dita, ma con il cuore, con la mente.”

    -Milton Erickson-

    Non volle identificarsi con una corrente psicologica particolare, infatti nel suo lavoro si nota l’influenza di diverse scuole, soprattutto quella comportamentale.

    Fu il primo presidente della Società Nordamericana di Ipnosi Clinica e guadagnò grande prestigio tra gli psicologi del tempo.

    Le origini di Milton Erickson
    Milton Erickson non ebbe una vita facile. Figlio di poveri contadini, affrontò diversi problemi di salute fin dalla nascita. Patì un ritardo nello sviluppo del linguaggio, che acquisto solo a 4 anni. A quell’età gli fu diagnosticata la dislessia. Era anche daltonico e soffriva di sordità tonale.

    Affrontò una delle esperienze più difficili delle sua vita a 17 anni, quando contrasse la poliomelite e rimase completamente paralizzato. Poteva muovere solo gli occhi.

    Pur così, Milton Erickson pensava che fosse possibile migliorare. Per riuscirci, si concentrò sulle sensazioni del corpo per potenziarle. Allo stesso tempo, la sua condizione lo obbligò a trasformarsi in un eccellente osservatore.

    Durante la convalescenza, cercava di notare tutto quello che accadeva intorno a lui. Questo gli permise di individuare e comprendere molti aspetti del linguaggio non verbale. Con enorme fatica, imparò a camminare osservando la sorella minore, che muoveva i primi passi.

    La formazione di Milton Erickson
    Nonostante i suoi limiti, Milton Erickson riuscì a formarsi come medico e psicologo. Durante questo periodo si avvicinò alle teorie di suggestionabilità di Clark L. Hull. Ne rimase affascinato e ciò lo indusse ad approfondire il tema dell’ipnosi.

    Con il tempo, Milton Erickson si mostrò critico di fronte alle pratiche di Hull. Così, studiò l’opera di Sigmund Freud. Ma si allontanò dagli approcci basilari.

    Credeva nell’ipnosi come strumento terapeutico, ma aveva una propria visione dell’inconscio e propendeva per un ruolo più attivo del paziente. Iniziò così a sviluppare un profondo lavoro terapeutico con le famiglie. Questo lo rese uno dei capostipiti delle terapie sistemiche e familiari.

    Milton Erickson e l’ipnosi moderna
    Per Erickson, l’intervento terapeutico non poteva essere uno schema da applicare indistintamente con i pazienti. Emergeva il valore della singolarità e particolarità. Il postulato basilare era che ogni processo era diverso e, pertanto, doveva essere assunto in maniera specifica. In altre parole, impiegava una tecnica diversa con ogni paziente.

    Lo scopo del suo intervento terapeutico era aiutare i pazienti a superare i sintomi che li assillavano. A tale scopo, impiegava tutti i mezzi a sua disposizione, anche se poco ortodossi. In seguito a ciò, ottenne la fama di guru, e anche di mago.

    A differenza di Freud, per Milton Erickson il passato non aveva una grande importanza. Pensava che fosse decisivo concentrarsi sul presente, soprattutto per risolvere i problemi.

    A partire dall’ipnosi, sviluppò approcci che perdurano fino a oggi. Tra questi, la programmazione neurolinguistica e la terapia breve centrata sulle soluzioni.

    Altri apporti di Milton Erickson
    Anche se fece dell’ipnosi il suo strumento terapeutico principale, con il passare degli anni cominciò ad accantonare tale tecnica. Diede gradualmente più rilievo al linguaggio come strumento di trasformazione.

    Fu soprattutto uno psicologo clinico, non gli interessava lo sviluppo di nuove teorie, ma di nuove pratiche che fossero altamente efficaci per alleviare la sofferenza dei pazienti.

    A 50 anni soffrì di nuovo di poliomelite. Nonostante le sue difficili condizioni, approfittò di questa nuova esperienza per analizzare le sensazioni e proporre metodi di gestione del dolore. Tutto questo fu condensato nel suo libro di teorie. Morì a 78 anni, dopo essersi goduto ogni singolo giorno della sua vita.

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