La panchina di Mariella Forever

CINQUANTA SFUMATURE DI STREGA

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    1. SUPERSEX! MAI ARRIVATO AL PREMIO STREGA UN LIBRO COSÌ: STORIA DI UN UOMO MARCHETTA CHE SODDISFA LE MOGLI DAVANTI AI MARITI 'CUCKOLD', CORNUTI E FELICI: IL PRIMO CAPITOLO

    2. LO SCRITTORE E AUTORE RADIO E TV CARLO D'AMICIS PORTA FINALMENTE UN PO' DI SESSO TRA GLI AMICI DELLA DOMENICA. I VECCHI MERLETTI VIBRANO LEGGENDO IL CANDIDATO MONDADORI

    3. ''SPERO CHE LEI, PER SCRIVERE IL SUO LIBRO, NON VOGLIA ISPIRARSI A CERTE ZOCCOLE POSIZIONATE ALL’INGRESSO DEI PRIVÉ, PER LE QUALI UN CAZZO DURO NON È ALTRO CHE UN CAZZO DA AMMOSCIARE IL PRIMA POSSIBILE...PER ME LA MASSIMA ECCITAZIONE E' IL FEEDBACK CHE MI DA' UNA COPPIA. IO MI MASTURBO, MENTRE LORO, CON LE LENZUOLA ANCORA UMIDE DI...

    Carlo D’Amicis (Taranto, 1964) vive a Roma. È autore del programma di Rai 3 “Quante Storie” e del programma di Radio 3 Rai “Fahrenheit”. I suoi ultimi romanzi sono: Escluso il cane (2006), La guerra dei cafoni (2008), La battuta perfetta (2010), Quando eravamo prede (2014), tutti pubblicati da minimum fax. Nel 2017 da La guerra dei cafoni è stato tratto l’omonimo film diretto da Davide Barletti e Lorenzo Conte.

    Estratto dal primo capitolo de ''Il Gioco'' di Carlo D'Amicis - Mondadori, candidato al premio Strega







    (per prima cosa si lamenta della luce, che definisce impudica.

    Mentre l’intervistatore la spegne e va a prendere un’abat-jour,

    l’intervistato spiega di odiare i lampadari che hanno la pretesa di

    illuminare una stanza intera.

    Non parliamo di quei terribili neon, dice immerso nella penombra.

    Sembra un accenno di conversazione, subito abortito.

    Quando rientra con l’abat-jour, l’intervistatore lo trova seduto

    con le braccia conserte, leggermente ingobbito, che studia in silenzio

    il vecchio registratore a cassette.

    La lampadina disegna sul tavolo un piccolo cono di luce. Al suo

    centro l’intervistato depone gli occhiali da sole.

    Cominciamo?, dice strofinandosi l’abbronzatura livida, probabilmente

    artificiale. Non è chiaro se sia impaziente di cominciare

    o di finire. In ogni caso – con quel rumore macchinoso ma rassicurante

    dei vecchi deck – l’intervistatore spinge PLAY e fa partire

    la registrazione)



    Chi è un un bull?



    (ci pensa) La curiosità ambisce sempre a essere scandalizzata.

    Perciò, come un’erezione messa in mano alla sweet

    un attimo dopo le presentazioni, risponderò al suo bisogno

    d’indecenza offrendole subito la risposta che si aspetta di

    sentire: il bull è un maschio dominante che sottomette cornuti

    consenzienti scopandosi le loro femmine.

    Detto questo, spero che lei, per scrivere il suo libro, non

    voglia ispirarsi a certe zoccole posizionate all’ingresso dei

    privé, per le quali un cazzo duro non e` altro che un cazzo

    da ammosciare il prima possibile: se cosi` fosse non ci sarebbe

    cuckold e bull 1
    CUCKOLD E BULL 1

    molto da aggiungere.



    Confido che non siamo qui solo per una pugnetta. Prendiamocelo

    pure in mano, se crede, ma con la consapevolezza

    che la trasgressione e` al centro di un gioco lungo e complesso.

    Giocare, del resto, e` l’ecumenico verbo sotto al quale noi

    vecchi maiali facciamo rientrare l’intero catalogo dei nostri

    vizi: gioco se pubblico su internet un’inserzione con la foto

    del mio membro, se vago in una dark room alla ricerca di

    un culo da tastare, se mostro le corna a un cuckold mentre

    vengo sul viso di sua moglie.



    Definire il sesso un gioco aiuta a sentirlo frivolo, lieve, a

    suo modo innocente. Ma non c’e` gioco senza rischi, e quello

    che corre un libertino ogni volta che, pensando di calarsi

    semplicemente le mutande, mette a nudo la propria anima,

    e` un rischio infido. Per competere nei feedback, un bull

    deve possedere senso del dovere, risolutezza, generosita`,

    fermezza d’animo, magnanimita`, umanita`.



    Le ricordano qualcosa? (non dà all’intervistatore il tempo

    di pensarci)

    Glielo dico io: sono le virtu` elencate nell’antico codice dei

    samurai. E confesso che non mi dispiacerebbe se alla fine di

    questa conversazione lei e i suoi lettori riconosceste in me

    un valoroso, seppur stanco, guerriero. (sospira, come se fosse

    effettivamente affaticato, o come se l’ambizione appena dichiarata

    gli sembrasse all’improvviso esagerata)



    Cos’è un feedback?

    Tecnicamente, la valutazione che una coppia attribuisce

    alla prestazione del bull.

    Consideri che per un bull la reputazione e` fondamentale:

    le sue referenze valgono quanto quelle della servitu` nell’Inghilterra

    vittoriana. Commentare una foto, scrivere una mail,

    stabilire un contatto Skype, ottenere un appuntamento – tutta

    le tappe, insomma, che precedono un incontro (per non

    parlare dell’incontro stesso) non sono altro che una lunga

    betrayal cuckold a teatro
    BETRAYAL CUCKOLD A TEATRO

    preparazione al momento in cui il cuckold e sua moglie, con

    gli ormoni finalmente pacificati, apriranno il loro computer

    portatile sulle lenzuola ancora umide di sperma e pubblicheranno

    sul sito una dettagliata recensione al mio operato.

    In genere questo responso viene emesso entro le ventiquattro,

    al massimo le trentasei ore successive all’amplesso.



    Io ho sempre aspettato i miei feedback nel tepore delle

    coperte o di un bagno alla lavanda, accompagnandone la

    lettura con una lenta masturbazione che sprigiona tutto il

    piacere di esserci ancora (nonostante il bagno, l’odore della

    sweet resta addosso almeno fino al giorno successivo) e gia`

    non esserci piu`. Un piacere magico e irripetibile, collocato

    tra la carne viva dell’emozione e il suo callo osseo: per me,

    senza dubbio, il momento migliore del gioco.



    In questo gioco lei è conosciuto con il nickname di Mister Wolf.

    Perché lo ha scelto?

    Perché, come Mister Wolf, anch’io risolvo problemi! (ride)

    Ha presente il personaggio di Pulp Fiction interpretato da

    Harvey Keitel? Arriva in smoking e olio di macassar a sbrogliare

    il pasticcio combinato da una coppia di mezze tacche

    che non sanno piu` che pesci prendere. Ecco, io intervengo

    nella vita sessuale delle coppie con la stessa tempestiva precisione

    (e, se mi consente, con la stessa classe) a suggerirgli

    che il pesce da prendere e` per l’appunto il mio.

    Nel film si trattava di disfarsi di un corpo e nel mio caso

    di farselo, ma l’obiettivo resta piu` o meno sempre quello:

    offrire i miei servigi per rimettere le cose al loro posto (del

    resto, questo vuol dire samurai: colui che serve).

    cuckold bull
    CUCKOLD BULL



    Alla fine, quando mi congedo da una sweet e dal cornuto

    che ci ha appena guardato fornicare, le strette di mano con

    cui si congratulano per la mia efficienza mi fa godere molto

    di piu` degli orgasmi che l’hanno preceduta.

    ... Signor Wolf (imita un dialogo del film), volevo solo dirle

    che e` stato un vero piacere vederla al lavoro...

    ... Si`, e` cosi`, grazie infinite Mister Wolf...

    I livelli di serotonina dei cuck e delle loro donne sono i

    veri indicatori del mio successo.



    Quanto poi al lupo inteso come animale, mi e` sempre

    piaciuto quel suo modo di girare intorno all’uomo che Jack

    London ha descritto cosi` potentemente all’inizio di Zanna

    Bianca. Sono io quell’uomo destinato – nonostante tutta la sua

    presunta e presuntuosa evoluzione – a essere divorato, ma

    sono io anche quel lupo dominato dagli istinti e dalla fame.



    I lupi, però, sono monogami.

    Buona osservazione, ma non del tutto esatta. Quelli che

    non riescono a stabilirsi su un territorio e a trovarsi una

    compagna, vagano tutta la vita alla ricerca di una tana

    che li ospiti (si abitui ai doppi sensi, il linguaggio del gioco

    ne e` pieno).



    Gli etologi lo chiamano Lupo Casanova, eteronimo che

    talvolta utilizzavo ai beati tempi del fermoposta. Ho smesso

    di farlo quando mi sono accorto che i miei colleghi bull

    lo consideravano un soprannome presuntuoso e le coppie

    un clicheÅL al quale dovevo a tutti i costi attenermi. Nessuno

    capiva che del vecchio Giacomo io amavo soprattutto

    lo sguardo nomade, annoiato e solitario, con cui racconta

    le sue memorie.



    In ogni caso, al netto dei duecentotrentanove feedback

    (mica spiccioli), e` sempre meglio essere associato a un seduttore

    come Casanova che a quel collezionista compulsivo

    di Don Giovanni, preoccupato solo di aggiungere un’altra

    bella al suo catalogo.

    E poi, chi le dice che non sia monogamo anch’io?... Una delle

    cose piu` interessanti del gioco e` che si puo` essere incalliti

    libertini e nello stesso tempo fedeli alla propria compagna.

    Come fa a dirlo? Lei ha una compagna?

    Certo che ce l’ho...

    (nonostante l’abbronzatura, l’intervistato arrossisce. Per liberarsi

    cuckold
    CUCKOLD

    del proprio imbarazzo, lo attribuisce all’intervistatore)

    Cosa c’e`, l’ho spiazzata? Si stupisce che un bull possa avere

    un rapporto di coppia? Sara` ancora piu` stupito nel sapere che

    la mia relazione con Eva (si chiama cosi` la mia – mmm – compagna)

    e` la naturale conseguenza di un patto stipulato con

    suo marito Giorgio.



    Un patto?

    In effetti patto e` troppo poco: si tratta di un vero e proprio

    contratto.

    Eva e io lo firmammo pochi mesi dopo esserci conosciuti.

    Con quell’accordo suo marito ci obbligava a passare per

    conto nostro almeno un paio di notti a settimana, durante

    le quali lui ci inondava di chiamate e di sms. Noi non potevamo

    rispondere se non con pesanti insulti o con frasi tipo:

    Smettila di disturbarci, cornuto.

    Quella del contratto e` una fissazione per molti cuckold:

    godono nel vedere protocollato il tradimento della propria

    compagna.



    Alla vigilia dei weekend che ancora oggi trascorro con

    Eva, Giorgio l’aiuta a riempire il trolley di corsetti e reggicalze

    destinati alla mia eccitazione.

    Piaceranno al tuo fidanzato?, le chiede ogni volta.

    (Dopo quasi vent’anni, a Giorgio piace ancora chiamarci

    cosi`: fidanzati.)

    Quando Eva si siede sul bidet a oliare gli orifizi, lui s’inginocchia

    ai suoi piedi come un suddito davanti al trono di

    una regina e glieli bacia con devozione, raccomandandole

    di non tornare incinta.

    (Raccomandazione ridicola, vista la nostra eta`.)



    Venirle dentro e` un’altra delle clausole previste dal nostro

    contratto. Giorgio l’aveva pretesa con tutte le forze e alla fine

    avevo dovuto dargliela vinta. Solo piu` tardi, quando – non so

    neanch’io se per lealta` nei suoi confronti o per quello che iniziavo

    a provare per sua moglie – cominciai effettivamente

    a lasciarmi andare nel suo utero, Eva mi confesso` che a essere

    sterile non era Giorgio (come il cornuto mi aveva fatto

    credere per indebolire ulteriormente il suo profilo di maschio),

    ma lei stessa.



    Mi spieghi meglio le caratteristiche di questo contratto.

    (annoiato) Dovremmo stare qui per delle ore: solo la

    versione standard dell’accordo, per altro disponibile sulla

    maggior parte dei siti specializzati, e` lunga una dozzina

    di pagine.

    Di fatto il contratto tra cuck, sweet e bull e` l’ennesimo paradosso

    del nostro gioco: tre individui irregolari si sottomettono

    al fascino perverso esercitato dalle regole...

    Giorgio vi aveva apportato delle modifiche a cui teneva

    particolarmente, come il comma che l’obbligava a lavare a

    mano le mutandine di Eva o a servirci la colazione a letto

    quando pernottavo nella loro camera nuziale (in quei casi

    Giorgio dormiva rannicchiato sul divano).



    Smaniava per ottemperare a quelle imposizioni, e se mancava

    cuckold 9
    CUCKOLD 9

    di osservarle era solo perché le conseguenze della violazione

    (ovvero i castighi che gli infliggevamo) erano piu`

    umilianti delle imposizioni stesse.

    Un intero capitolo del contratto e` dedicato alle sanzioni

    da applicare ai cuckold che non stanno alle regole: si tratta

    di punizioni che vanno dallo sputtanamento (volendo,

    avremmo potuto tatuare i nostri nomi sull’avambraccio di

    Giorgio) a pesanti pene corporali – in genere frustate.

    Anche le modalita` di quest’ultime sono stabilite con cura:

    devono essere somministrate a culo nudo, in serie di cinque

    o sei, con il cornuto voltato verso il muro. Le rare volte

    in cui Eva, esasperata dalle richieste del marito, decideva

    di ricorrere allo staffile, io mi vedevo costretto a legargli

    un bavero sulla bocca affinché le sue urla, una poltiglia so-



    nora nella quale era impossibile distinguere il piacere dal

    dolore, non svegliassero tutto il vicinato.

    Piu` in generale avra` capito che, in un contratto del genere,

    e` lo stesso confine tra la regola e la sua trasgressione

    a risultare indistinguibile. Eva, ad esempio, ha l’obbligo

    di indossare una cavigliera alla gamba destra, simbolo della

    sua infedelta`. Ma se a esigere l’adulterio e` il marito stesso,

    stiamo parlando di fedelta` o di infedelta`? Di regola o di

    trasgressione?



    Il vostro contratto è tutt’ora in essere?

    In teoria si`. Ma in pratica la giurisprudenza che regola

    l’accordo e` molto in ritardo rispetto all’evoluzione del nostro

    triangolo. Il contratto che a suo tempo stipulammo con

    il cuckold contemplava mille eventualita`, ma non quella che

    bull e sweet potessero dedicare il fine settimana – anziché

    a una torrida e ininterrotta scopata – a visitare una mostra

    d’arte, a passeggiare al parco con i cani o anche soltanto ad

    acciambellarsi sul divano a guardare la televisione. Non sa

    quante volte abbiamo dovuto nasconderglielo, o fingere che

    stavamo ansimando di piacere mentre in realta` facevamo

    soltanto jogging lungo il fiume.



    Basta questo, penso, per farle capire come nel gioco il

    tradimento non esista e sia nello stesso tempo immanente.

    Per Giorgio sarebbe un tradimento anche stare qui a parlare

    di lui con la pieta` che si riserva a un essere umano, laddove

    il nostro contratto prevede esplicitamente che il bull

    cuckold 6
    CUCKOLD 6

    possa parlare in pubblico del cornuto solo per sputtanarlo,

    per insultarlo, per pulircisi sopra i piedi come uno zerbino.

    Questa arroganza è un requisito fondamentale del bull?

    Unicamente nei confronti del cuckold. Dentro di seÅL il

    bull deve mantenersi umile, modesto, conscio del ruolo

    che ricopre.



    Capisco che per lei sarebbe piu` facile immaginarlo come

    un gallo cedrone che al centro del pollaio sbandiera l’onnipotenza

    del suo fallo, ma le assicuro che la prima cosa che

    interiorizza un vero bull sono gli esatti confini della propria

    giurisdizione.

    Noi non contiamo un cazzo (o solo per il cazzo, se preferisce):

    a partire da questa consapevolezza si dipana la nostra

    etica (e, se possibile, la nostra epica).

    Siamo limitati, sostituibili, provvisori. Ma sara` proprio

    questa relativita`, se coltivata con rettitudine, a indicarci la via

    per diventare dei buoni samurai, dei misterwolf in grado di

    risolvere il problema che di volta in volta ci si pone davanti.



    Del resto, se non avessi avuto questa umilta` nell’assecondare

    le esigenze di una Fragolina, di una Perlaperporci

    o di qualunque altra zoccola sia salita a bordo del mio cazzo

    senza nemmeno guardarmi in faccia, solo per il gusto di

    dare del cornuto a suo marito, non sarei mai arrivato a primeggiare

    nel mio campo, e non sarei nemmeno qui a parlare

    con lei.



    A proposito: perché ha risposto al mio annuncio, Mister Wolf?

    (prontissimo) Perché non volevo che prima di me lo facessero

    Cazzarmato, Tatanka69, BigOne o un altro dei tori imbottiti

    di Sildenafil Citrato che mi tallonano nella classifica

    dei feedback su moglieofferta.com. Tutti bravi figli, per carita`,

    ma cosi` poco consapevoli di cio` che veramente sono,

    di cio` che piu` profondamente significa essere un bull, che

    non avrebbero reso un buon servizio alla mia categoria neÅL

    al libro che si appresta a scrivere su di noi.



    Quanto tempo della sua vita ha dedicato al gioco?

    E` una domanda difficile: un vero bull non cessa mai di esserlo

    e nello stesso tempo non lo e` mai davvero. Certo, sommando

    i feedback accumulati sui siti internet (ovvero nel-

    le terre emerse del nostro continente) alle troie senza nome

    scopate nei privé, nei parcheggi, nelle saune, a Cap d’Adge



    o in altre spiagge naturiste, potrei anche azzardare un calcolo

    approssimativo delle sweet che mi sono scopato.

    Settecento? Ottocento? Mille?



    Ma la pretesa di far coincidere un bull con la sua opera e`

    assurda, poiché egli si riconosce soprattutto nel desiderio,

    nell’ansia, nel lavori`o incessante che precede l’atto sessuale

    e nello svuotamento – quasi un collasso – che ne segue.

    Dopo quello con il samurai, accetterebbe un paragone tra

    il bull e l’artista?



    L’esattezza del suo gesto, dal primo momento in cui s’infila

    nello spazio tra sweet e cuckold fino a quello in cui lo libera

    (lasciando – questo il vero obiettivo del bull – la sensazione

    che senza di lui sara` molto piu` vuoto di com’era stato

    prima del suo arrivo) e` un’esattezza che non controlla, che

    nemmeno percepisce: di ogni incontro, la scopata che lo accredita

    come bull e` cio` che meno lo rappresenta (una parentesi:

    decisiva, ma pur sempre una parentesi).

    Tornato nella propria cameretta, finalmente da solo nel suo

    letto a una piazza, la soddisfazione che il bull prova nell’essersi

    guadagnato un nuovo feedback assomiglia sempre a

    un sospiro di sollievo.



    (si sporge in avanti, abbassa la voce, passa a un tono più confidenziale)

    Lo sa che cosa mi dicevo dopo ore e ore di chiavate,

    tirandomi la coperta sulla testa e facendomi il segno

    della croce? (fa una pausa di stampo teatrale)

    Sono a casa, dicevo! Ce l’ho fatta!

    Capisce? Come se fossi ritornato da un lungo e pericoloso

    viaggio fuori di me (o cosi` all’interno da perdermi nelle

    mie stesse tenebre – non fa molta differenza).



    (si raddrizza di scatto) Posso chiederle, signor scrittore,

    quanta vita tiene per sé? Voglio dire: quanto c’e` in lei di indicibile,

    di segreto? Quanta materia oscura fa da contrappeso

    a cio` che gli altri sanno, vedono, si aspettano da lei?

    (non prosegue finché non strappa all’intervistatore una risposta)

    Davvero?



    (sembra sinceramente stupito) Non so se invidiarla o com-



    patirla: come si vive senza contrappeso? Come puo` mettersi

    in luce senza avere un’ombra?

    (abbassa gli occhi, deglutisce. Pare dolente) Sono cinquant’anni

    che mi sporco per potermi ripulire e mi ripulisco per potermi

    sporcare, e non ho ancora capito se questo pendolo

    mi ha salvato o mi ha distrutto. E` una fatica immane non

    coincidersi mai perfettamente, ma e` anche l’unica forma di

    sopravvivenza che conosca.



    Com’è iniziata la sua carriera di bull?

    La prima volta che profanai una donna d’altri, se e` questo

    che vuole sapere, andavano di moda acconciature cotonate

    e pantaloni con le pinces, e io mi ero appena laureato

    con una tesi sulla letteratura inglese nel diciottesimo secolo.

    Erano gli anni Ottanta – gli anni dell’Aids e di “Colpo

    Grosso”.



    Tempo di rimediare mezza supplenza in una scuola media

    di altrettanto media borghesia e il tema della mia trattazione

    universitaria si ripropose attraverso la madre di una

    mia studentessa: come il romanzo gotico anglosassone, anche

    la nostra relazione, nata dallo sforzo di rivelarle con piu`

    tatto possibile l’avversione di sua figlia Guya per il genitivo

    sassone, si rivelo` presto un misto di terrore e romanticismo.

    A unirci sembrava soprattutto una potente capacita` d’idealizzare:

    a me bastarono la sua gonna al ginocchio e un

    tocco di rossetto per proiettare sulla madre di Proietti Guya

    un archetipo MILF, a lei bastarono la mia laurea in letteratura

    inglese e una giacca di tweed per vedere in quel professorino

    al primo ricevimento la quintessenza dell’intellettuale.



    Diventammo amanti dall’aria inutilmente maledetta, dediti

    all’uso reciproco e all’abuso di parole che con noi c’entravano

    ben poco: destino, passione, infinito... Le sfilavamo

    con destrezza dalle canzoni, dai film, dalla raccolta di

    poesie di Pablo Neruda che la signora Proietti mi aveva regalato

    per dimostrarmi d’essere all’altezza del mio excursus

    accademico.



    E forse questo alla fine ci piaceva: essere dei ladri.

    Rubavamo del tempo ai miei consigli di classe, la fiducia

    di suo marito, i nostri baci da un fuoco gia` spento al terzo

    incontro.

    Dal quarto, per noia, cominciammo a rubare autoreggenti

    dai negozi di biancheria intima dove la mia amante mi spingeva

    nelle ore buche. Quei furti erano l’unica forma di complicita`

    che riuscivamo a condividere. Anziché godere assieme

    dello schiocco che la fascia in silicone avrebbe fatto sulla

    sua coscia nuda o del fraseggio delle dita tra la balza in

    pizzo e la sua pelle, le calze scomparivano immediatamente

    nella borsetta della signora Proietti, e con esse scompariva

    l’accenno di erotismo che ci aveva accomunato in quella parentesi

    incuneata tra un simple past e un consiglio di classe.



    Vani, nevrotici, ipertensivi, i tentativi d’infilarle una mano

    tra le cosce nel breve tragitto che separava le nostre bravate

    dal cancello del Convitto Nazionale s’infrangevano contro

    il tassello rinforzato dei suoi collant.



    tradimento
    TRADIMENTO

    Quando mi lanciavo fuori dalla macchina, preoccupato

    del ritardo non meno che delle mie aritmie, quell’unico isolato

    percorso a perdifiato con il registro sotto il braccio bastava

    a realizzare che, anche senza ricorrere a fruste e mascherine

    in lattice, il sadomasochismo era tra noi e regnava

    sovrano sull’incerta evoluzione della nostra specie.



    A mezzogiorno e mezza sedevo in cattedra per l’ultima

    ora. Era una condizione che, tra me e me, amavo drammatizzare

    (l’ultima ora!), al fine di legittimare – in quanto momento

    estremo, in cui tutto era gia` dato – le liberta` che la

    mia immaginazione si prendeva mentre i miei studenti venivano

    costretti a tradurre un frammento dell’Amleto.



    ... We know what we are, but know not what we may be...

    Guardandoli dalla cattedra pensavo, in effetti, a cosa mai

    sarebbero diventati (e io con loro). Poi pensavo a Marina

    Frajese, la diva del porno, della quale progettavo di scrivere

    una rispettosa biografia. Infine alla mia amante che, acceso

    il fornello sotto una pentola destinata alla fame di suo

    marito, in quello stesso momento stava forse provando, allo

    specchio di una camera da letto dove mai avrei messo piede, le autoreggenti che poco prima, per pura noia, avevamo

    sottratto a una commessa altrettanto annoiata.



    Ma soprattutto in quell’ultima ora pensavo a Proietti Guya,

    la quale, china sul suo vocabolario, se ne stava assorta al terzo

    banco mangiucchiando il cappuccio di una biro mollemente

    impugnata con la mano sinistra. Niente di cosi` strano

    (era sempre affamata, nonché mancina), ma anche il dettaglio

    piu` banale, nella sua commovente inettitudine, m’inteneriva:

    Guya era l’esatto opposto di sua madre ed era destinata

    a diventare esattamente come lei.

    Proietti, tutto bene?, le chiedevo raccogliendo i compiti.



    Senza guardarmi, Guya annuiva poco convinta (Mmmmmm)

    e offriva le sue labbra imbronciate alla mia fantasticheria

    finale – quella che, negli ultimissimi minuti dell’ultimissima

    le donne tradiscono per motivi evoluzionistici
    LE DONNE TRADISCONO PER MOTIVI EVOLUZIONISTICI

    ora, tramutava la tenerezza di cui sopra in oscena

    perversione.

    Guya, immaginavo di bisbigliarle sporgendomi dalla cattedra,

    wouldn’t you want to take my penis in your mouth?

    Mmm-mmm. (rifà il verso alla ragazzina, ammiccando

    lubricamente)



    Al suono della campanella dovevo attendere che l’aula

    si svuotasse, prima di alzarmi e sgusciare dalla cattedra

    nascondendo l’erezione sotto il trench. Quindi sgattaiolavo

    nel bagno dei professori e in due minuti venivo nella tazza.

    A infoiarmi, sia chiaro, non era la frusta storiella del

    professore che adesca la piu` ingenua delle sue studentesse,

    ma l’assai piu` inclassificabile gamma di reazioni (sdegno,

    rabbia, umiliazione?) che attribuivo alla madre di

    Guya nel momento in cui, nella mia testa, sorprendeva la

    figlia adolescente a sbocchinare il supplente d’inglese nel

    cesso della scuola.
     
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