La panchina di Mariella Forever

EROTICO RACCONTO TRA UN PRETE E UN VERGINELLO

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    Mi sarei trasferito pochi mesi dopo, e probabilmente non avrei più rivisto quell’uomo, quindi volevo, almeno un’ultima volta, fare l’amore con lui.

    Non sesso, badate bene, per me è una distinzione piuttosto importante. Sebbene non sia una persona di chiesa provavo un certo affetto per quell’uomo, che comunque conoscevo da 19 anni. Mi aveva visto crescere, mi aveva dato consigli, mai senza un secondo fine.

    Quando i miei partono per una giornata al lago, so che è la mia occasione. Prendo le mutande che mi aveva dato dopo la serata di sesso e mi dirigo in chiesa. Poco dopo sarebbero iniziate le confessioni, e immagino abbiate già intuito cosa volessi fare.
    "Esce fuori da me senza sborrare e si sdraia sul letto, il cazzo turgido e svettante, e mi invita a scoparmi..."
    Saluto il don, mi assicuro che non ci sia nessuno, mi avvicino e lo bacio. Il fatto che sia in veste sacerdotale rende il tutto estremamente eccitante, e sotto l’abito si nota un pisello che già inizia a crescere.

    “Sono qui per riportarle le mutande padre, e per passare un po’ di tempo con lei”

    “Ma ci sono le confessioni, non ho tempo adesso…“

    “Lei confessi la gente, mentre lo farà io mi divertirò con lei, non mi sentirà fiatare, non si preoccupi”, gli dico con un occhiolino.

    Vedo i suoi occhi brillare di libidine e mi infilo nel confessionale. È piuttosto grosso, e c’è abbastanza spazio per stare seduto, un po’ storto, ma mi accontento. Pochi minuti dopo lo vedo entrare e chiudere la porta col catenino. Si siede a gambe spalancate, ma l’abito talare non ha zip. Allora mi ci infilo sotto, il tessuto è abbastanza largo ed elastico per non darmi fastidio.

    L’altra porta si apre e si richiude, qualcuno è entrato nel confessionale. Il don inizia a confessare, io a spompinare. Gli abbasso i mutandoni a fatica, e nella penombra riesco ad identificare il pisello tra le cosce grassocce. Inizio a scoprire il glande e lo lecco, lui gode, ma deve dare l’impressione che tutto sia normale.

    Poco dopo lo prendo in bocca, lo lascio adagiato nel palato mentre diventa turgido. Mio dio, mi eccita da morire. Sento le sue mani poggiarsi sulla veste, cerca la mia testa e mi accarezza, inizio a pompare bene. Sono già passati una ventina di minuti ormai, non ce la fa più. Succhio ancora e viene copiosamente. Non si è tradito minimamente.

    Ho in bocca il suo cazzo, ancora barzotto, che naviga in un miscuglio formato dal suo sperma e dalla mia saliva. Rimescolo un attimo per eccitarlo e poi ingoio, e inizio a ripulirlo per bene.

    Passa un’ora, forse di più, e finalmente le confessioni finiscono, la porta della chiesa si chiude con un tonfo e lui si rialza. Io scivolo da sotto l’abito, i capelli arruffati. Si alza e mi dice di seguirlo.

    Mi porta in una stanzina a lato dell’altare, c’è un letto abbastanza vecchio, un piccolo leggio e nient’altro. È la stanza adibita agli altri preti che visitano la chiesa mi spiega, anche se ogni tanto viene adibita ad altro uso, spesso con gli stessi confratelli. Inizio a capire il perché del suo culo sfondato.

    Si toglie l’abito e le mutande, io in men che non si dica sono nudo, tocca a me godere ora. Mi sdraio su letto, e lui gattonando mi sale sopra. La panciona e le tettine mi eccitano da morire, ho il cazzo duro e umido. Non prende nemmeno un preservativo stavolta. Si impala letteralmente su di me, poi, il cazzo ancora in culo, si stende ed inizia a limonare. Si rialza ed inizia a saltare. Io mugolo di godimento.
    Pochi minuti dopo lo faccio alzare.

    “Mettiti a pecora, ti voglio incaprettare e voglio sborrarti dentro”, lui si gira e si appoggia a novanta, io mi metto dietro di lui, gli sbatto un attimo il cazzo tutto attorno alla rosa del culo, bello peloso, e poi appoggio la cappella. Spingo dentro. Adoro vedermi entrare in qualcun altro, ma se si tratta di un uomo la sensazione è incredibile. Con le donne sono dolce, con l’uomo mi sento in pieno potere. So di dominarlo, di averlo piegato a me.

    Inizio a sbatterlo: i miei testicoli pieni di sperma sbattono contro i suoi. Non duro molto ormai, stavo pregustando il momento da troppo tempo. Qualche minuto più tardi con degli imperiosi colpi di reni mi spingo dentro di lui più che posso, la cappella tesa, e come un fiume in piena gli esplodo dentro.

    Esco da lui, il mio pisello ancora barzotto accompagnato da un fiotto di sperma, e mi getto sul letto:

    “Tocca di nuovo a lei padre, si diverta” gli dico.

    “Ti piaccia o no, ora ti faccio mio” mi dice. Avevo preso solo un altro cazzo in culo in vita mia, quello dell’automobilista che mi aveva dato un passaggio, e non era grosso, ma questo mi spaventava non poco.
    “Non preoccuparti, verginello mio” mi dice, “il tuo culo non è il primo che svergino, e molti sono ritornati a chiedere il bis” mi dice infilandomi due dita nel culo. Mi apre per bene, mi riempie di vasellina e mi tranquillizza.

    Mi appoggia il cazzo sul culo, e lentamente inizia a spingere. La cappella entra per prima, e grazie alla vasellina e al trattamento fatto non lo sente neanche. Aspetta qualche secondo e poi spinge ancora. Sento la pelle del prepuzio, le venature della sua nerchia, ed infine le sue palle che sbattono sulle mie.

    “Come lo senti?” mi chiede.
    “Grosso” gli dico “ma non mi ha fatto male”.

    “Adesso ci divertiamo” mi dice iniziando a dar colpi. E io godo. Grazie alla vasellina scivola avanti e indietro che è un piacere. Mi sembra di sentirlo arrivare in pancia. Cazzo se è bravo. Esce fuori, mi fa alzare e mi piega a novanta su letto.

    “Adesso sei tu la mia pecorella” mi dice. “Ho scopato tanti uomini: preti, ragazzi come te, anche uomini sposati, e ho sverginato tanti buchi. Adoro essere il primo. Essere quello che apre la strada!” E intanto mi scopa, e io godo. Non mi sentivo donna come molti altri racconti dicono, ma semplicemente provavo un piacere incredibile.

    Esce fuori da me senza sborrare e si sdraia sul letto, il cazzo turgido e svettante, e mi invita a scoparmi.
    Faccio fatica a centrarlo, ma quando lo trovo mi ci siedo sopra come aveva fatto lui. Questa volta lo sento che fa male, e mi appoggio a lui. Mi abbraccia e in quella posizione inizia a scoparmi, un movimento pelvico che dopo l’iniziale dolore mi dà piacere, finché non lo sento fremere: spinge ancora, affonda e mi sborra dentro. Tre, quattro fiotti intensi, poi si accascia. Io sopra di lui non mi muovo. Mi è piaciuto, anche se tuttora sono molto restio a farmi scopare.

    Con un flop esce dal mio culo, sento lo sperma che cola. Restiamo li sdraiati. Mi racconta di tutti gli uomini che ha scopato e l’hanno scopato. Varie persone, quando studiava, preti più vecchi di lui che lo aprivano, letteralmente, alle strade del piacere. Uomini e altri ragazzi che lui stesso ha iniziato al piacere.
    Gli dico che qualche mese dopo mi sarei trasferito. Vuole darmi l’addio con un’ultima scopata. Inviterà una persona a lui cara e ci divertiremo, se accetto. Volentieri.

    Mi rivesto e torno a casa, contento e soddisfatto.
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