La panchina di Mariella Forever

MARIELLA

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    MARIELLA

    Martedì
    Passavo di lì ogni giorno, andando e tornando dal lavoro. Ogni giorno la vedevo all'angolo, con l'aria annoiata e quell'espressione imbronciata che tanto mi piaceva. Era una puttana, e anche piuttosto in là con gli anni, ma aveva ancora molto fascino. Doveva essere stata splendida un tempo, ma sapeva ancora difendersi. Era bassa, non più alta di 1.60, ma il Suo corpo era ancora ben delineato, rotondo dove doveva esserlo, un seno prosperoso senza eccedere, un sedere magnifico, gambe tornite. Sapevo che si chiamava Mariella e avevo sempre pensato a Lei come a una Padrona perfetta, con quei Suoi occhi dolci, i capelli color miele che scendevano fino alle spalle e quell'espressione disincantata, ma ovviamente mi era sempre mancato il coraggio di farmi avanti, di propormi a Lei. Passavo di lì, la guardavo e sognavo senza sperare nulla di più.
    Eravamo a fine settembre e il clima si manteneva mite. Nella pausa andavo a leggere il giornale ai giardinetti proprio di fronte a dove Mariella batteva. Quel giorno la trovai seduta a fumarsi una sigaretta sulla panchina vicina a quella dove mi sedetti io. Di vista mi conosceva e quando arrivai accennò un saluto sorridendomi, e questo bastò a mandarmi su di giri. Sono molto timido e non so mai come parlare a una donna. Feci finta di mettermi a leggere, ma in realtà pensavo solo a una scusa con cui attaccare discorso con Lei. C'era un vecchio che portava a spasso il cane e quest'ultimo venne verso di noi. Annusò prima le mie scarpe senza che io facessi una piega, non mi piacciono i cani, poi passò alla mia vicina. Mariella iniziò a carezzarlo e a parlargli. Poi il vecchio passò oltre portando con sé la bestiola.
    "Le piacciono i cani?"
    "Sono meglio di tante persone, non trovi?" mi rispose
    "Sono d'accordo, però li trovo troppo dipendenti da quelle stesse persone. Preferisco i gatti a dire il vero"
    Iniziammo così a parlare. Avevo sempre pensato che avesse un carattere scorbutico, diffidente, anche pensando al lavoro che faceva, invece Mariella si dimostrò molto dolce e simpatica, tanto da mettermi a mio agio. Quel giorno indossava una camicetta rosa ricamata, al collo portava un foulard di seta, sotto una gonna di cotone grigio lunga fino alle ginocchia. Calzava uno splendido paio di stivali in pelle nera alti sino al polpaccio, con tacco a spillo pronunciato. Non avevo smesso un attimo di osservarli e lei se ne era accorta.
    "Ti piacciono tanto i miei stivali?" chiese esplicitamente ad un certo punto. Rimasi un secondo contrariato prima di risponderLe
    "Mi scusi…" dissi un poco vergognandomi.
    "Non ti devi scusare. Li vuoi leccare?" disse con noncuranza, come se la cosa fosse per Lei abituale.
    "Sarei lusingato, Signora"
    "Hai un po' di tempo?"
    "Si, sono libero per un'oretta"
    "Allora prendi la bici e seguimi" disse alzandosi e incamminandosi verso la Sua spider che era parcheggiata lì di fronte.
    Mentre pedalavo al Suo seguito sentii il membro gonfiarsi, ero eccitatissimo e non stavo più nella pelle. Fra poco avrei assaggiato il sapore di quegli splendidi stivali, stavo per realizzare un mio sogno. Ero anche curioso di vedere come Mariella si sarebbe comportata nel ruolo di Padrona, a dire il vero il tono dolce della Sua voce, le Sue maniere gentili, sembravano in contrasto con l'immagine di dominatrice severa e inflessibile che mi ero costruito.
    La spider entrò in un cortile dove c'era un grande capannone abbandonato. Vi girammo intorno e sul retro vidi una seconda costruzione più bassa, dal basculante sul fronte capii che si trattava di un garage. A vederla da fuori sembrava ampia a sufficienza per il ricovero di tre auto. A fianco della rimessa c'era un muro che separava il capannone dal cortile di un caseggiato basso che affacciava sulla via parallela. Mariella fermò la spider lì davanti lasciando il motore acceso. Abbassò il finestrino e quando mi affiancai mi disse gentilmente
    "Per favore alza la porta, così posso entrare"
    Scesi dalla bici e alzai la parete mobile, Mariella posteggiò su un lato, spense il motore e scese dall'auto. Presi la bici e la portai dentro a mano, appoggiandola contro la parete sul fondo. C'erano un paio di armadi d'epoca, uno scaffale in legno scuro, dei tappeti arrotolati in un angolo e un paio di bauli.
    "Chiudi adesso, svelto" disse Lei. Mentre abbassavo il basculante andò a uno dei bauli e lo aprì cominciando a rovistare al suo interno.
    "Questo posto è tutto mio, la ditta a cui lo avevo affittato è fallita e ora sto cercando di venderlo, ma in questo momento non c'è molta richiesta. Così lo uso per tenerci le mie cose…a casa ho dei vicini impiccioni e non voglio che mettano il naso nelle mie faccende…mi piacerebbe sistemarlo un po', mi darai una mano?"
    "Certamente…non ha che da chiedermi, Signora" risposi un po' ruffiano
    "Allora comincia a metterti lì" disse Mariella indicando il cofano dell'auto. Il tono della Sua voce si era fatto d'un tratto severo e perentorio, e a quelle parole sentii un brivido salirmi lungo la schiena. Andai verso l'auto e mi appoggiai al cofano con il sedere.
    "No, no, voltati" disse Lei seccamente continuando a cercare nel baule. Mi girai.
    "Ora abbassati i pantaloni, da bravo…" continuò poi. Aveva trovato quel che cercava, un frustino, e sentii il rumore dei Suoi tacchi sulle mattonelle rosse del pavimento avvicinarsi a me.
    "Calati anche le braghette…forza, svelto…". Adesso non chiedeva più, ordinava. Ero già in soggezione, non mi passò neanche per la mente di chiederLe cosa volesse farmi. D'altronde si poteva intuire facilmente.
    Giunta al mio fianco mi afferrò per i capelli costringendomi a piegare il busto sul cofano, divaricò le mie gambe con un paio di calcetti sulle caviglie e iniziò a battermi le natiche col frustino. Dapprima furono colpi lievi, che mi procurarono giusto un poco di prurito. Poi divennero più secchi e violenti e ad ognuno di essi sobbalzavo.
    "Ti piace?" domandò ironicamente mentre mi sforzavo di resistere.
    Iniziai a lacrimare e ansimare ma questo non sembrò interessarLe affatto. Seguitava a colpirmi cadenzando i colpi ritmicamente. Sentivo i glutei arrossarsi e bruciare, guaivo sommessamente dopo ogni colpo. Mariella invece si divertiva sempre di più.
    "Adesso in ginocchio!" ordinò infine mollando la presa dei miei capelli. Sfinito e tremante feci scivolare il mio busto lungo il cofano della spider fino a che non fui inginocchiato a terra. Mariella intanto si era appoggiata all'auto e aveva sollevato uno degli stivali portandolo all'altezza del mio viso.
    "Avanti, datti da fare! Lecca la suola, muoviti!"
    Protesi la lingua verso il cuoio chiaro della suola e iniziai a muoverla in su e in giù avidamente.
    "Uhmmm…" bofonchiò Mariella compiaciuta nel vedermi così ubbidiente e servile.
    Quando ebbi ripulito entrambe le suole mi concesse di baciare la punta di entrambi gli stivali e da lì risalire.
    "Così non ti piacciono i cani…ma forse non li conosci bene…forse se provassi a vivere come loro cambieresti idea, non trovi?"
    "Credo di sì, Signora…"
    "E piantala di chiamarmi Signora! Ora per te sono la Padrona, hai capito?"
    "Sì, Padrona"
    Mi diede un calcio nel ventre.
    "E piantala anche di farmi sentire la tua stupida voce! Un cane non parla, razza di idiota, un cane muove la testa, abbaia, scodinzola ma non parla. D'accordo?"
    Annuii con la testa.
    "Forse i cani non ti piacciono perché li invidi…non è vero? Anche a te piacerebbe stare sempre a quattro zampe a leccare le scarpe della Padrona, non è così?"
    Annuii nuovamente.
    "Beh, sei proprio fortunato. Ho sempre voluto avere un cagnolino che mi fa festa quando torno a casa. Però non ce la farei mai ad accudirlo e ho sempre dovuto rinunciarci…adesso però ci sei tu… diventerai il mio cagnetto, ti porterò a spasso e ti farò mangiare la pappa nella tua scodella, contento? Naturalmente dovrai essere bravo e aiutare in casa, ma di te mi posso fidare…non è vero?"
    Intanto che parlava così a ruota libera io seguitavo a lustrare gli stivali. Erano ormai lucidi e Mariella ne fu molto contenta.
    "Ecco, bene…allora adesso puoi succhiare anche il tacco, lo so che ti piace…dai, su…poi, prima di andartene lasciami il tuo numero…"
    mercoledì
    Il giorno successivo mi telefonò dandomi appuntamento presso l'autorimessa appena terminato di lavorare. Quando giunsi mi fece lasciare lì la bici perché, disse, dovevo accompagnarLa a fare compere. Salimmo sulla Sua spider, accese il motore e si avviò fuori città.
    "Dove andiamo?" chiesi dopo qualche minuto.
    "Lo capirai quando saremo arrivati" mi rispose seccamente, senza aggiungere altro.
    Dopo circa un quarto d'ora parcheggiò davanti a un grande magazzino. Alzando gli occhi vidi che si trattava di un centro per animali e capii cosa eravamo venuti a fare. All'interno ci incanalammo nelle corsie di scaffali, io naturalmente La seguivo a un paio di metri, raccogliendo man mano ciò che Mariella mi passava. Prese un paio di ciotole in plastica, poi quando arrivammo davanti all'esposizione dei guinzagli e dei collari si fermò per decidere con calma. Una commessa si avvicinò e gentilmente si rivolse a Mariella.
    "Posso esserle d'aiuto?"
    "Grazie, sa cercavo un collare di pelle, piuttosto largo se possibile"
    La commessa prese dall'espositore un ampio collare di pelle bruna, largo circa 3 cm.
    "Questo se vuole è coordinato con quest'altro guinzaglio…" disse indicando uno dei lacci che pendevano lì a fianco "…di che razza è il suo cane?"
    "E' difficile dirlo, sa l'ho trovato per strada, comunque è di grossa taglia" rispose Mariella con un poco di ironia. Io stavo silenzioso dietro di Lei, senza sognarmi neanche di intervenire, nonostante la commessa mi sorridesse, credendomi forse il figlio o il nipote della sua cliente.
    "Ed è ubbidiente?" chiese nuovamente la signorina.
    "Si, devo dire di si…poi se fa il cattivo si prende le totò…sa ce l'ho da poco ma voglio abituarlo da subito a ubbidirmi"
    "Certo, questo è molto importante" convenne la commessa.
    "Va bene, prendo questi, e anche le ciotole"
    "Le prendo un sacchetto" disse l'altra. Mariella si rivolse a me, allora, dicendomi
    "Allora sei contento? Ti piacciono?"
    Dietro di Lei vidi la commessa sorridere nuovamente. Ebbi l'impressione che avesse capito tutto. Mariella pagò e ci dirigemmo verso l'uscita. Voltandomi vidi la commessa indicare verso di noi e bisbigliare qualcosa a una collega, poi entrambe scoppiarono a ridere.
    Tornammo al garage dove Mariella mi fece spostare uno scaffale in modo da creare sul fondo del locale un piccolo stanzino dove stese per terra un tappetino su cui appoggiò le due ciotole. Poi mi fece spogliare e inginocchiare davanti a Lei e ordinò che leccassi le Sue scarpe. Quel giorno indossava un paio di decolleté color vaniglia con tacco largo e sinuoso a cui mi applicai subito con meticolosità.
    "Da oggi in poi quando vorrò giocare con te ti invierò un sms con l'ora a cui dovrai farti trovare qui. Quando arriverò dovrai essere già nudo e indossare il tuo collare. Quando mi sentirai entrare dovrai venirmi incontro e farmi le feste. Hai capito?". Annuii in silenzio e Mariella riprese subito a parlare.
    "Presto diventerai ubbidiente e mite come un cucciolo. Piegherò le tue resistenze a suon di frustate, vedrai. Ti priverò del tuo tempo libero e ti obbligherò a servirmi come più mi piace. Per ora voglio cominciare ad addestrarti qui, per il mio puro divertimento, e quando ne sarai degno ti porterò da me. Là diverrai il mio servo, non avrai più alcun diritto…se non ti senti pronto a tutto ciò questo è il momento di parlare. Sappi che se mi farai perdere del tempo te ne farò pentire amaramente, quindi se non te la senti…dillo adesso"
    "Padrona La ringrazio per la Sua bontà. Non aspiro ad altro che a servirLa e soddisfarLa. Metterò tutto il mio impegno pur di non deluderLa"
    "Bene. Allora per oggi abbiamo finito. Tieniti libero nel week-end, comincerò il tuo addestramento. Inventati una scusa, una gita, per non dover rientrare a casa. E' sottinteso che se non sarà così tutto finisce qui, e questo varrà anche in futuro. La prima cosa che devi imparare è che non tollero la disobbedienza!"
    venerdì
    Il messaggio di convocazione mi arrivò il venerdì mattina quando ormai stavo pensando a quale scusa inventare per dire a casa che la mia gita era annullata. Per non destare sospetti quel giorno avevo lasciato a casa la bici dicendo che sarei partito direttamente dall'ufficio. Terminato di lavorare mi recai direttamente alla rimessa, aprii la porticina che stava su uno dei lati, entrai e richiusi con la chiave che Mariella mi aveva dato la volta precedente. Vidi che aveva portato lì una poltroncina di legno, che aveva sistemato al centro del garage sopra un tappeto affiancandole un tavolino con sopra una lampada. Mi spogliai sistemando i miei abiti in un armadio di legno posto presso quella specie di stanzino che avevo sistemato la volta precedente. Spensi il mio cellulare, Mariella non avrebbe certo tollerato di essere interrotta o disturbata. Poi indossai il collare stringendolo senza esagerare e dopo aver spento la luce mi accucciai a terra.
    La Padrona arrivò dopo pochi minuti. Sentii la Sua auto fermarsi di fronte al garage, la portiera aprirsi e poi richiudersi e di lì a qualche istante udii la chiave nella serratura. Mi mossi allora dal mio giaciglio e andai incontro a Mariella. Appena fu entrata mi incollai agli stivali, che con mia grande gioia Mariella aveva indossato per l'occasione. Accese la luce e mi lasciò fare per qualche istante, mentre chiudeva la porta, poi mi allontanò da Lei sferrandomi un calcio all'inguine.
    "Ora basta, a cuccia!" ordinò. Indietreggiai accucciandomi a terra e potei osservarLa. Vestiva un tailleur color panna, sotto la giacca aveva una maglia bruna, le mani erano fasciate da guanti di pelle nera aderenti. Si avvicinò estraendo dalla borsetta il guinzaglio, si chinò su di me e ne serrò il moschettone al collare, poi si rialzò e diede uno strattone per costringermi a seguirLa. Ci dirigemmo verso il centro del locale, dov'era la poltroncina.
    "Domani ti farò pulire tutto per bene" sentenziò come prima cosa appena si fu seduta. Io ero già appiccicato agli stivali e li leccavo forsennatamente.
    "Ti piace leccare, eh? Ti piacciono proprio gli stivali della Padrona? Ti insegnerò ad amarli più di quanto tu abbia mai amato una donna, più di quanto potrai mai amare me, stupida bestia!"
    Si rialzò allora di scatto e si diresse al baule trascinandomi dietro di sé. Apertolo la vidi estrarre una lunga canna di bambù, di quelle che si usano per sostenere il fusto delle piante nei vasi. Richiuse il baule, fece sibilare la canna un paio di volte nell'aria, poi con uno strattone al guinzaglio mi portò al centro della rimessa.
    "Accucciati a terra! Svelto…Allora ti piacciono tanto i miei stivali? Ma devi imparare a guadagnarteli…a sopportare il dolore pur di avere il piacere di leccarli, non pensi?" disse restando in piedi alle mie spalle. Quindi mi sferrò il primo colpo, secco, violento e dolorosissimo. Riuscii a trattenere in gola un urlo di dolore, ma solo dopo quel primo fendente. Ai successivi non seppi resistere, iniziai a piagnucolare come un bambino man mano che si abbattevano su di me. Mariella ne parve contrariata.
    "Stai zitto! Non sai sopportare? Sei proprio una bestia…" diede un nuovo colpo più forte dei precedenti che mi fece sobbalzare.
    Tentavo di resistere ma il vigore con cui mi martoriava le natiche mi era insopportabile. Temevo di deludere Mariella, mi accorgevo dal tono della Sua voce, che da allegro si era fatto severo, che non stava più giocando, ora era davvero arrabbiata. Ma per quanto mi sforzassi ogni colpo aggiungeva sofferenza e la mia resistenza si faceva più flebile. Pensai che di lì a poco mi avrebbe cacciato via, che tutto stesse per finire. Invece a un certo punto lo stillicidio si interruppe, sentii Mariella avvicinarsi e accovacciarsi sulla mia schiena. Mi prese per i capelli costringendomi a sollevare il viso da terra e mi infilò nella bocca un bavaglio a palla le cui cinghie serrò dietro la mia nuca. Si rialzò rimanendo al mio fianco, sollevò una gamba e mi piantò nella schiena il tacco dello stivale, all'altezza dei lombi. Lo sentii affondare nella mia carne, e intanto Mariella riprese a bacchettarmi le natiche, aumentando sia l'intensità che la cadenza dei colpi. Ora i miei lamenti mi si soffocavano in gola, riuscivo ad emettere solo dei guaiti sommessi.
    La Padrona si divertì molto a tormentare il mio fondoschiena. In tutto credo che non mi diede più di una trentina di sferzate, ma lo fece in modo tale che quando ebbe terminato avrei fatto qualunque cosa mi avesse chiesto pur di evitare anche un solo nuovo fendente. Nelle mie esperienze passate avevo subito spesso fustigazioni prolungate ma ora mi rendevo fisicamente conto della differenza sostanziale. Un conto era essere battuto da una professionista, pagata apposta per quello e quindi interessata a compiacere il suo cliente. Mariella invece, già nell'incontro precedente, non aveva mostrato alcun interesse verso le mie sensazioni, non avevo ai Suoi occhi alcun diritto, potevo solo assecondarLa o rifiutarmi di farlo, ma in questo caso avrebbe troncato ogni rapporto. Quindi era solo la mia capacità di sopportazione che poteva determinare il proseguimento o meno della relazione.
    Quando ebbe terminato con la canna sollevò finalmente il piede dalla mia schiena. Riuscii appena a rifiatare per quel momentaneo sollievo, poi mi sentii tirare. Mi riportò presso la poltroncina e vi si sedette accavallando le gambe, poi mi tolse il bavaglio appoggiandolo assieme alla bacchetta sul tavolino. Senza dire nulla cominciò a dondolare lo stivale a mezz'aria davanti ai miei occhi. Capii subito e ricominciai a leccarne la punta, inghiottendola, girandovi attorno per lustrare i fianchi. Dopo qualche minuto sollevò un poco la gamba offrendomi il tacco a cui mi avvinghiai ingordo. Mariella era silenziosa, lasciò che adorassi i Suoi stivali liberamente, limitandosi a piegarli da questa o da quell'altra parte per permettermi di raggiungerne gli interstizi più remoti. Io eseguivo il mio compito smaniosamente, avevo perso ormai ogni pudore, attorcigliavo bramosamente la mia lingua al morbido cuoio che fasciava i piedi della Padrona.
    Il cellulare di Mariella squillò, Lei mi fece cenno di continuare e rispose.
    "Ah, ciao carissima…no, non sono a casa…" doveva trattarsi di qualche Sua amica, probabilmente un'altra puttana "…te l'ho detto che adesso ho un cane…sì, sì è un amore, ma non posso ancora portarlo a casa…poi sai, i miei vicini sono dei tali rompiballe…volentieri…ma quando? Sì, domenica va benissimo…allora, d'accordo, a mezzogiorno da te…" e chiuse la comunicazione tornando a rivolgersi a me.
    "Sai, ho detto alle mie amiche che ho trovato un cagnolino e ora sono tutte curiose di vederlo…ma io non so…"
    "Padrona, quello che Lei decide per me andrà sempre bene"
    Fu stupido parlare da parte mia.
    "Credi che davvero mi importi sapere cosa pensi?" disse Mariella arrabbiata "Se ancora non hai conosciuto le mie amiche è proprio perché non sei ancora pronto per farlo, idiota! Credi che a loro possa interessare cosa dici? Certo un cane che parla può sembrare una cosa strana, ma non ti voglio per fare del circo…poi ti avevo detto di non parlare…adesso ti accorgerai di cosa vuol dire disobbedirmi"
    Si alzò dalla poltroncina dopo aver sganciato il moschettone dal collare. Con un paio di calci mi spinse giù dal tappeto.
    "Resta fermo lì! Guai a te se ti muovi!" disse mentre tornava verso il baule.
    Avevo imparato ormai come l'umore della Padrona fosse suscettibile di repentini cambiamenti. Quando era buono Mariella era gioiosa, gentile, calma, ma una mia piccola mancanza, e permettermi di parlare era ben più di una piccola mancanza, poteva trasformarla all'istante in una Donna perfida e malvagia. Quando il Suo umore era cattivo Mariella mi metteva paura nel vero senso della parola. Da quel giorno imparai che quando era furente la Padrona poteva essere davvero crudele.
    Estrasse dal baule una frusta da circo, lunga un paio di metri, massiccia e pesante.
    "Cominciamo a chiarire un paio di cosette, cucciolo…tu non devi mai parlare senza essere stato invitato a farlo, d'accordo? Questo intanto ti costerà la cena…poi, per renderti più esplicito che questo non è un gioco, adesso sarò costretta a farti un po' male…alzati sulle ginocchia, metti le mani dietro la nuca! Muovitiii!" gridò accecata dall'ira.
    Ubbidii senza fiatare.
    Annunciata da un sibilo sinistro nell'aria la prima frustata si infranse sul mio dorso. La sottile striscia di pelle con cui terminava lo scudiscio si avvolse intorno al mio fianco e schioccando mi sfiorò uno dei capezzoli. Il dolore fu lancinante e rovinai a terra. Mariella mi fu subito addosso tempestandomi di calci.
    "Alzati! Alzati o ti spezzo la schiena a calci" gridava istericamente.
    Era davvero arrabbiata oppure stava fingendo molto bene, ma non avevo alcuna intenzione di scoprirlo. Riuscii a rialzarmi a fatica, tremando, e Lei riprese a far schioccare la frusta in aria e ad abbatterla su di me. Per una decina di volte. Crollai nuovamente a terra, a calci mi sospinse verso lo stanzino dove mi fece accucciare. Tornò di lì a poco tenendo in mano una catena lunga meno di un metro che agganciò al collare con un lucchetto, che fece passare anche dentro la fibbia per impedirmi di sfilarlo. Con un secondo lucchetto agganciò l'altro estremo della catena ad un anello metallico piantato nel muro, che prima di allora non avevo notato. Non potevo né muovermi, a parte qualche passo, né alzarmi in piedi.
    "Adesso riposati perché domani avrai molto da fare…" disse Mariella"…e rifletti se ti conviene ancora fare di testa tua…per stasera salterai il pasto…così vediamo se domani sarai più ubbidiente…"
    Prese una delle due scodelle e la posò a circa un metro da me, ci si inginocchiò sopra, si sollevò la gonna. La vidi abbassarsi un poco le mutandine e quindi riempire lentamente la scodella fino all'orlo. Si rialzò e si ricompose, poi prese la scodella e la appoggiò davanti a me.
    "Se avrai sete…" sorrise sarcastica.
    Girò i tacchi e si diresse verso la porta, spense la luce e se ne andò.
    sabato
    I dolori alla schiena e alle natiche e la catena mi impedirono a lungo di prender sonno ma alla fine caddi addormentato e al mattino ero nonostante tutto riposato. Doveva essere molto presto, all'esterno udivo pochi rumori distanti. Avevo la gola secca, provai a resistere per un poco ma poi mi avvicinai alla ciotola e mi dissetai. D'altronde, pensai in quel momento, se la Padrona tornasse e trovasse la ciotola ancora piena potrebbe offendersi. Prima di allora non avevo mai bevuto dell'urina, era fredda, essendo rimasta lì per tutta la notte, e aveva un sapore amarognolo. L'attesa si fece lunga e pian piano bevvi tutta la pipì di Mariella.
    Avevo sempre desiderato di vivere una situazione come quella, essere umiliato e degradato, nei momenti in cui la mia libido prendeva il sopravvento. Ora ero lì, nudo, incatenato a quattro zampe in una rimessa semi abbandonata, senza sapere quando Mariella avrebbe fatto ritorno e quali altri supplizi mi avrebbe obbligato a subire. Ecco, adesso il desiderio, la voglia, erano affiancate dall'ansia e dal timore. Avevo paura ma allo stesso tempo mi sentivo incapace di ribellarmi. Ero succube di Mariella, della Sua autorità, della Sua voce ferma e risoluta mentre mi comandava e mi umiliava.
    Passarono un paio d'ore. Sentii arrivare la spider e la Padrona scendere. La vidi entrare carica di sacchetti che andò a deporre vicino alla poltroncina. Poi venne da me e aprì il lucchetto agganciato al collare, sostituendolo col guinzaglio. Non portava gli stivali quel giorno ma un paio di sandali verdi con fibbia in tessuto. La suola era alta, tipo zoccoli, e avevano tacco a spillo di almeno dieci centimetri. Sopra una gonna in cotone verde e una camicetta azzurra senza ricami, al collo un foulard azzurro con fiori stampati.
    "Dormito bene?" chiese ironica, poi guardò verso la ciotola e sorrise
    "Hai avuto sete, vedo…bene…prima di cominciare devi fare i bisognini?"
    Annuii con la testa. Tirò il guinzaglio dietro di sé obbligandomi a seguirLa fino alla porta. Intuii cosa voleva fare e mi piantai per terra. Mi sembrava francamente troppo, c'era anche il rischio di essere visti. Senza neanche curarsene, per mia fortuna, Mariella si voltò dicendomi
    "Ascolta: appena usciti devi essere veloce, ma dopo un paio di metri nessuno potrà vederci. Io mi affaccio e se non si vede nessuno esco e tu mi segui velocemente, intesi?"
    Annuii sconsolato. Mariella si affacciò ma subito si ritrasse.
    "Dannazione…c'è un deficiente sul balcone della casa di fronte…aspettiamo…"
    Io mugolai per spingerLa a ripensarci, ma Lei niente. Dopo un altro paio di tentativi, infine, arrivò l'occasione giusta. Mi strattonò con forza ed io sgattaiolai fuori. In effetti dopo pochi passi fummo dietro al capannone, nascosti alla vista delle case. Mariella accese una sigaretta.
    "Lì sopra, avanti!" ordinò indicandomi un aiuola con al centro un albero. Salii sull'erba.
    "Datti da fare, non abbiamo tutto il giorno…avanti, muoviti…alza la zampina, bel cagnolino…su…"
    Mi avvicinai all'albero e sollevai la gamba, iniziando a pisciare. All'inizio fu semplice finché il getto ebbe una certa consistenza, poi finii col pisciarmi addosso alla gamba sulla quale ero appoggiato. Mariella iniziò a ridere, poi salì anche lei sull'aiuola e mi rifilò un calcione sul sedere.
    "Hai finito, ora?" Scossi la testa e mi rannicchiai per evacuare.
    "Mi fai schifo…oltretutto sei digiuno…" sibilò la Padrona voltandosi.
    Quando terminai tenendomi dietro di sé si sporse. Nessuno vedeva e rientrammo rapidamente.
    "Vai là!" ordinò perentoria indicando la parete di fronte alla poltroncina, mentre mi scioglieva il guinzaglio. Feci appena in tempo ad arrivare e a voltarmi per vederla prendere il frustino e avventarsi su di me. Quando ebbe finito ero già distrutto. Prese la canna dell'acqua e aprì il getto dirigendolo verso di me. Era gelida, ma servì a rianimarmi.
    "Una bella doccia fredda al mattino è quello che ci vuole, non trovi?" disse Mariella ridendo. Mi lavò ben bene, facendomi alzare in piedi per pulirmi a fondo dirigendo il getto ghiacciato contro di me. Insistette a lungo sui miei genitali che a causa del freddo si rattrappirono. Allora chiuse il getto e iniziò a deridermi.
    "Che cazzettino piccino piccino che hai, cucciolo…cosa vorresti farci? Come fai a masturbarti? Usi le pinzette? Dai fammi vedere…avanti, menati quel cazzo moscio!"
    In ginocchio davanti a Lei iniziai a masturbarmi. Il pene si inturgidì rapidamente e anche le palle si gonfiarono nello scroto ancora sodo e contratto. Presto fui prossimo a venire.
    "Ora basta!" mi interruppe Mariella prima che potessi farlo. Estrasse qualcosa da uno dei sacchetti e me lo passò. Era un tutore per il mio pene.
    "Infilatelo avanti, muoviti!" ringhiò sventolando il frustino davanti al mio viso per essere più convincente.
    Il tutore era costituito da una prima cinghia completa di fibbia che stringeva il pene alla base e raccoglieva i testicoli girandoci attorno. Proprio sotto di essi si staccava un'altra cinghia che terminava con un anellino. Una terza collegava superiormente la prima a un'ulteriore cinghia con fibbia che cingeva il pene lungo il fusto. Quando lo ebbi infilato Mariella volle controllare che avessi stretto bene. Aver provato a fare il furbo mi costò un paio di ceffoni. Annodò poi nell'anellino una fune il cui capo opposto legò a un ferro che sporgeva sopra il basculante.
    "La scopa è là nell'angolo, sbrigati a spazzare perché dopo dovrai lavare per terra!"
    Iniziai a ramazzare per terra mentre Mariella si sedette in poltrona a leggere il giornale fumando una sigaretta e buttandone a terra la cenere. Non ci misi molto, raccolsi tutta la polvere in un angolo, poi con una paletta la buttai nel bidone che c'era vicino alla porta. Riposi la scopa e in silenzio tornai davanti alla Padrona e mi inginocchiai chinando il capo.
    "Hai finito? Bene…ora aspetta qui"
    Mariella si alzò e andò a prendere un secchio che era vicino alla scopa, poi tornò a prendere da uno dei sacchetti del detersivo e un paio di stracci da pavimento. Con il tutto si diresse alla canna dell'acqua. Riempito il secchio di acqua schiumosa lo portò, con gli stracci immersi, in un angolo. Si voltò verso di me.
    "Vieni qui, presto!"
    Trotterellai fino a Lei.
    "Ora devi lavare per terra ben bene, mi raccomando. Per terra, capisci cosa voglio dire, vero?"
    Tornò a sedersi in poltrona e riprese a leggere dopo essersi accesa un'altra sigaretta mentre in ginocchio strizzavo lo straccio e lo gettavo a terra. Di tanto in tanto mi accorgevo che sollevava gli occhi dal quotidiano per controllare che stessi strofinando con cura. Strisciando a terra, passata dopo passata, giunsi presso il tappeto dove stava la poltroncina, e Mariella sopra di essa. In quel momento ebbi una forte erezione, mi eccitò molto lustrare il pavimento a pochi passi da quegli splendidi piedi, che la Padrona dondolava con studiata perfidia sotto i miei occhi. Poi passai oltre e la mia eccitazione si spense pian piano. Mi ci volle almeno un'ora per completare tutto il pavimento, la rimessa era ora pulita e profumava del buon odore di lavanda del detersivo.
    Mariella, accendendosi l'ennesima sigaretta, slegò la fune dall'anellino e mi rimise il guinzaglio, si alzò in piedi e con me al seguito, ma con l'ordine di trattenermi dal leccarLe i piedi, si mise a ispezionare la stanza. Lasciava di tanto in tanto cadere a terra un poco di cenere che subito mi precipitavo a raccogliere con la lingua. Fui davvero orgoglioso che fosse rimasta soddisfatta del mio lavoro. Mariella si era dimostrata in fin dei conti molto buona con me, e sembrava aver preso a cuore la mia educazione. Dunque deluderLa mi sarebbe dispiaciuto enormemente.
    "Bravo! Sei stato bravo…è così che ti voglio, ubbidiente e volenteroso. Se sarai sempre così andremo d'accordo e avrai il permesso di leccarmi i piedi e il culo tutti i giorni. Ma se farai il furbo aspettati solo questo…" disse facendo schioccare a terra il frustino "…allora adesso puliscimi pure i piedi. Ieri sera non me li sono lavati, credo che non li laverò più…del resto tu sei così comodo…" e si riaccomodò in poltrona.
    Iniziai a leccare i lati dei sandali, il tacco prominente e lucido. Poi sfilò uno dei due e fattomi sdraiare sotto di Lei mi infilò il piede nella bocca. Era la prima volta che assaporavo il gusto dei Suoi piedi, la mia lingua iniziò a insinuarsi fra le dita con delicatezza, massaggiandoli, raccogliendone il sudore amarognolo e annusando lo smalto rosso fuoco che decorava le unghie. Si tolse anche l'altro sandalo e iniziò a massaggiarmi il pene che si irrigidì all'istante. Lei continuò a strofinarci sopra il tallone fino a che un mio rantolo la informò che stavo per venire di lì a poco. Allora si interruppe e bruscamente si alzò tirandomi dietro a sé. Tornammo allo stanzino e mi incatenò nuovamente, raccolse la ciotola e la riempì d'acqua.
    "Ora vado a mangiare. Quando torno porterò un po' di pappa anche a te, contento? Tu intanto fai il bravo e cerca di riposarti perché oggi pomeriggio dobbiamo fare degli esercizi"
    Dopo circa mezz'ora sentii la spider tornare. Pensai che la Padrona avesse dimenticato qualcosa. Invece la vidi rientrare con dei pacchettini fumanti.
    "Ho pensato di passare da un take-away cinese e prendere qualcosa da mangiare qui" disse sorridendomi mentre mi toglieva la catena e serrava il guinzaglio. Raccolse anche le due ciotole e la seguii fino alla poltrona.
    "Ho chiesto anche se avevano degli avanzi per te e mi hanno dato questi…" disse mentre versava in una ciotola il contenuto di uno dei pacchetti "…non so cosa siano…mi hanno detto che anche loro li danno ai cani…"
    Sembravano pezzi di pollo, con verdure. Un poco per sorprendere la Padrona, un poco perché non mangiavo da 24 ore, mi gettai con il viso nella scodella e iniziai a deglutire bocconi. Non erano poi così male, anche se erano freddi. E fino ad allora avevo odiato il cibo freddo.
    "Hai fame, eh?" rise Mariella, premendomi sulla nuca la suola di un sandalo e affondandomi la faccia nella scodella.
    Poi riempii la scodella dell'acqua, con la canna, e si sedette proprio davanti a me iniziando a mangiare anch'essa.
    "Ah, adoro la cucina cinese…anche a te vedo che piace…cerca di non strozzarti…"
    Avevo già inghiottito più di metà della mia pappa, restavano gli ultimi bocconi sul fondo della ciotola e raggiungerli non era facile. Di avanzarli non se ne parlava, Mariella avrebbe potuto offendersi. Rideva guardandomi tuffare la testa dentro la tazza. Terminai in fretta, comunque. La Padrona invece si gustò con calma il Suo menù e, un paio di volte mi fece avvicinare regalandomi un bocconcino. Era così affettuosa con me, ero stato davvero fortunato a incontrarLa.
    Quando ebbe finito mi tolse il guinzaglio, si accese una sigaretta e prese dalla borsa una rivista femminile, iniziando a sfogliarla. Fece segno di avvicinarmi e andai a mettermi quasi di fronte a Lei con il viso in avanti, in modo che potesse raggiungere agevolmente la mia bocca per farvi cadere la cenere. Ogni volta che mi avvicinavo a Lei, me ne ero già accorto quel mattino, mi eccitavo e il mio membro, imprigionato nel tutore, si armava e cominciava a farmi soffrire. Un sottile sorriso mi fece capire che Mariella se ne era accorta. Di lì a poco piegò la rivista e iniziò a sfiorarmi con un sandalo i genitali. Mugolai di piacere, poi cominciò a premere il tacco sul mio pene e vidi le stelle. Quando ebbe terminato la sigaretta mi scalciò via e mi buttò il mozzicone davanti al viso. Lo spensi con la saliva, poi lo raccolsi con la lingua e andai a buttarlo nel bidone. Cominciavo a comportarmi spontaneamente come un cane e questo faceva piacere a Mariella, ne ero convinto.
    Tornai da Lei. Vidi che aveva in mano una pallina di stoffa, di quelle fatte a spicchi, ognuno di un colore diverso, con un piccolo campanello all'interno.
    "Guarda cosa ti ha comprato la Padrona…" squillò tutta contenta, lanciandola verso la parete.
    Corsi a riprenderla, ci giocai un po' con le zampe, poi la presi in bocca e la riportai a Mariella. Mi diede una carezza sulla nuca e poi tornò a lanciarla. Mi fece giocare un poco, poi fece segno che mi accucciassi sul tappeto sotto la poltroncina.
    "Gioca da solo, la Padrona adesso vuole leggere" disse riprendendo a leggere. Giocai per un po' con la pallina, poi mi alzai e iniziai a gattonare per la rimessa. Mariella non se ne ebbe a male, anzi si divertì a vedermi gironzolare annusando per terra. Tornai presso di Lei e sonnecchiai un poco. Quando mi risvegliai la Padrona stava ancora leggendo. Cominciai a leccarLe i sandali, il tacco, poi spinsi la lingua sotto uno dei Suoi talloni. La sentii fare un risolino.
    "Basta, mi fai il solletico…" disse scherzosa "…vuoi giocare? Va bene"
    Raccolse la pallina da terra e riprese a lanciarmela.
    Così capii che potevo, comportandomi proprio come un cane, ottenere di fare anche quanto volevo io, io nel senso di bestia ovviamente. Quello che indisponeva Mariella era quando mostravo atteggiamenti, reazioni, umani. Come cane avevo invece i miei diritti: giocare, fare la passeggiatina, avere la ciotola dell'acqua sempre piena, anche se non sempre di acqua.
    Giocammo un altro po', poi mi rimise il guinzaglio.
    "Adesso vediamo di lavorare un po' sul tuo portamento e le tue posture. Per un cagnolino di razza muoversi è un' esercizio di eleganza, e io non voglio un bastardino senza arte né parte"
    Da uno dei sacchetti che aveva portato quella mattina estrasse un secondo guinzaglio, più fine del primo, con all'estremità un piccolo moschettone dorato che agganciò all'anellino del tutore. Strinse entrambi i guinzagli nella sinistra e impugnando con l'altra il frustino mi sferzò per farmi muovere. Prese a condurmi in cerchio per il garage, fermandomi di tanto in tanto e facendomi sedere, accucciare oppure imponendomi semplicemente di fermarmi e assumere la posizione di guardia. Pose particolare attenzione nell'insegnarmi come dovevo mantenere il pene mentre camminavo. Non voleva assolutamente, infatti, che il mio sesso penzolasse sotto il ventre, e fosse così visibile a chi mi osservava da davanti. Pretese che imparassi da subito a tenere le cosce ben chiuse in modo che potessero trattenerlo dietro di sé, visibile solo posteriormente.
    "Il tutore serve anche a questo…" mi disse "…agevola molto le cose, non trovi?"
    Annuii. Le piaceva molto farmi quelle domande retoriche cui non potevo che assentire. Me l'aveva detto Lei stessa quanto apprezzasse l'ubbidienza.
    Si era fatto scuro, Mariella raccolse i sacchetti vuoti e mi salutò, legandomi alla catena, dicendo che sarebbe tornata dopo aver cenato.
    Dormii un poco, ero stremato. La Padrona fece ritorno dopo un paio d'ore. Senza slegarmi dalla catena depose il cibo, del riso bollito con condimento di carne e verdure, nella ciotola. Mentre mangiavo la sentii trafficare di là, poi tornò da me per vedermi finire. Finii e mi sciolse, allacciandomi il guinzaglio. La seguii verso la porta. Era l'ora della mia passeggiatina.
    Al buio fu più facile uscire, Mariella mi fece salire sull'aiuola e si mise a sedere sul muretto che la delimitava, fumando una sigaretta mentre facevo i miei bisognini. Era una serata fresca ma ancora estiva e alla Padrona piacque restare un poco all'aria aperta. Quando ebbi finito mi fece scendere e accucciare ai Suoi piedi, offrendoli alla mia adorazione. Leccai con dovizia le piante, le caviglie, il collo. Poi mi infilò uno degli alluci in bocca e io presi a succhiarlo golosamente. Mi fece stendere su un dorso e cominciò a tormentarmi l'uccello con l'altro piede. Lo fece gonfiare ben bene poi cominciò a schiacciarlo contro il mio ventre, a sbatterlo di qui e di là con dei calcetti. Quando stavo per venire si fermò repentinamente, alzandosi di scatto e tirando il guinzaglio per obbligarmi a seguirLa.
    Rientrammo e mi liberò dal guinzaglio.
    "Là, veloce!" ordinò indicandomi la parte della stanza di fronte alla poltroncina. Gattonai rapidamente, udendo il Suo tacchettio incedere dietro di me. Andò al baule e tiro fuori la frusta da circo, di cui la mia schiena si ricordava bene. Tornò da me facendola schioccare in aria e sul pavimento, poi iniziò a flagellarmi ferocemente. Scappai a carponi di qui e di là, inutilmente. Era subito dietro di me, pronta ad abbattermi il pesante scudiscio sul dorso. Dopo un poco il dolore divenne insopportabile e cominciai a guaire sonoramente. Mariella non se ne curò affatto e anzi ci mise ancora più vigore. A ogni colpo temevo di svenire, ma era proprio la sferzata a rianimarmi e a farmi sobbalzare un poco più in là. La Padrona si divertì a lungo ad inseguirmi tutto in torno per la stanza. Dopo ogni colpo raccoglieva la frusta e la faceva scorrere nelle Sue mani mentre decideva come e quando percuotermi nuovamente. Quando ripose la frusta ero sfiancato e avvilito. Restai un poco a piagnucolare a terra mentre Lei si sedeva in poltrona e accendeva un'altra sigaretta. Battè le mani per richiamare la mia attenzione e farmi correre da Lei per farLe da posacenere. Mi misi in posizione, Lei iniziò a guardarmi di sbieco, tirando ampie boccate e soffiandomi il fumo in faccia. Era taciturna quella sera, il Suo umore doveva essersi guastato per qualche ragione che non mi era dato di sapere. Come non mi era dato di sapere se le frustate che avevo appena ricevuto fossero la punizione per qualche mio errore oppure uno sfogo della Padrona, contrariata appunto da qualcuno o qualcosa esterno a quella autorimessa.
    Finì di fumare e come avevo fatto nel pomeriggio raccolsi il mozzicone e andai a buttarlo nel bidone. Quando tornai Le vidi in mano un pacchettino.
    "Ti ho fatto un altro regalo, amore…vedi che cagnolino fortunato che sei…" disse lanciandomelo a terra. Mi precipitai sul pacchetto, lo bloccai con le zampe e con i denti iniziai a strappare la carta che lo avvolgeva. Mariella mi guardava sorridente, mi chiesi per un attimo cosa potesse realmente pensare di me. Ormai mi comportavo come un cane a tutti gli effetti, anche in quel frangente non utilizzai assolutamente le dita per aiutarmi a scartare il regalo della Padrona. Non fingevo, quelle cose mi riuscivano davvero spontanee ma di questo Lei ne era cosciente o riteneva semplicemente che stessi recitando, anche se bene?
    Il pacchetto conteneva un osso, di quelli sintetici con cui i cani si affilano i denti. Presi a mordicchiarlo, aiutandomi sempre con le zampe per impedirgli di schizzare via. Mariella mi lasciò divertire per un poco con il mio nuovo gioco, poi si alzò in piedi e riprese a parlarmi.
    "Oggi sei stato molto bravo, hai fatto grandi progressi, cucciolo. Per ricompensa ora potrai leccarmi il culo, contento? Però stai bene attento, dovrai leccarmi solo dietro…per leccare davanti devi ancora aspettare, d'accordo?"
    Zampettai saltellando su me stesso, ero eccitatissimo dal poter appoggiare le mie labbra sul fondoschiena di Mariella. Mi rendevo conto di avere ormai ben poco di umano nelle mie reazioni. Reagivo semplicemente a degli stimoli in maniera semi automatica, proprio come un cane segue il suo istinto.
    Mariella si mise proprio sopra di me, sollevò un poco la gonna e abbassò le Sue mutandine rosa, offrendomi il Suo sedere da adorare.
    "Avanti, datti da fare!" ordinò.
    Mi rialzai lentamente sulle ginocchia e infilai la testa sotto la gonna. Respirai il Suo odore inebriante e la mia lingua si tuffò nel solco che separava i glutei, cominciando a muoversi in su e in giù avidamente. Dopo pochi istanti sentii Mariella fremere di piacere e appoggiarsi in avanti sui braccioli della poltroncina. A quel punto riuscii ad appoggiare le mie zampe anteriori sulla seduta di questa e potei continuare quell'incarico lusinghiero più comodamente. La pelle di Mariella aveva un buon sapore, il velo di sudore raccoltosi fra le due natiche mi ingolosì e leccai con foga.
    "Ti piace il mio culo…bravo lecca, fammi godere…" ansimava la Padrona, anch'essa eccitata. Le scappò una scorreggia, ma io non mi fermai. Lei rise sguaiatamente.
    "Annusa il mio odore, è buono vero?"
    Il Suo culo era splendido, nonostante l'età era ancora sodo e rotondo, con appena un filo di cellulite. Più la sentivo fremere quando passavo la lingua e le sfioravo il foro anale, più diventavo ghiotto. Cominciai a insistere sul pertugio, a picchiettarlo con la punta della lingua e a Lei questo fece molto piacere. Stava godendo, la sentivo mugolare. Sentire il Suo corpo vibrare sopra di me mi rese euforico, il mio membro tornò ad irrigidirsi. Era un'eccitazione strettamente psicologica, indipendente dalle sensazioni fisiche di quel momento, che derivava dall'essere capace di soddisfare la Padrona. Lei se ne accorse e ricominciò a tormentare i miei genitali con i tacchi dei Suoi sandali. Spinsi la lingua dentro di Lei, il Suo corpo sussultò.
    Rimasi quasi un'ora con la testa sotto la gonna di Mariella, ma avrei potuto continuare. Fu Lei ad interrompermi. Mentre si ricomponeva potei osservarLa, era sudata, spettinata, ansimava.
    "Sei stato bravo…molto bravo…" mi disse con un filo di voce "…era da tanto tempo che non godevo così, ti sei meritato un premio…"
    Mi fece inginocchiare tenendo il busto eretto e le zampe anteriori sollevate da terra, venne davanti a me e si alzò la gonna. Calò le mutandine fino alle ginocchia e si chinò in avanti spingendo la Sua fica verso di me. Fu la prima volta che potei vedere la Sua vagina folta. Si fermò a qualche centimetro dal mio viso e disse semplicemente
    "Bevi"
    Un'istante dopo La vidi zampillare davanti a me e mi precipitai sotto di Lei per inebriarmi di quella linfa. Il getto caldo mi scese in gola a poco a poco, la pipì di Mariella era buona e calda, con la lingua tentavo di raccoglierne quel poco che me ne sfuggiva.
    Lei dall'alto mi sorrideva soddisfatta, sul viso un espressione compiaciuta. Allora capii che era davvero contenta di me, che ero riuscito a conquistarLa.
    Si asciugò la vulva con un kleenex che poi mi infilò in bocca perché lo ingoiassi, poi si lasciò cadere esausta sulla poltrona. Anch'io mi accasciai a terra e strisciando tornai verso di lei, ricominciando a leccarLe i sandali. Mi lasciò fare a lungo, senza dire nulla. La sentii solo sospirare.
    "Si è fatto tardi, devo andare" disse dopo un bel po'.
    Mi riportò alla cuccia e mi incatenò. Poi prese la scodella, la mise sotto di sé e si abbassò per riempirmela per la notte. Indugiò un poco carezzandomi la nuca, poi se ne andò.
    domenica
    Ero talmente stremato che ronfai beatamente nonostante catena e tutore. Mi risvegliai presto, bevvi un poco di pipì per sciacquarmi la bocca, e iniziai a trepidare in attesa dell'arrivo di Mariella. Ripresi a mordicchiare l'osso, che avevo portato con me nella cuccia. Almeno Lei l'avrebbe trovato un po' consumato e sarebbe stata contenta che il Suo regalo mi fosse piaciuto. Notava tutti i particolari, Mariella, e poi era così buona con me.
    Il mattino precedente, mentre aspettavo la Padrona, avevo considerato la mia condizione ancora con un ottica umana, mi ero chiesto cosa ci facessi lì, a quattro zampe, legato alla catena. Era passato solo un giorno e quel tipo di pensieri sembravano distanti anni luce da me. Ormai avevo ben poco di umano, riflettei. Ero felice, mi sentivo in quel momento appagato, finalmente ero riuscito a realizzare una cosa che avevo per tanto tempo desiderato senza sapere se mai avrebbe potuto avverarsi. E invece eccomi lì. Tutto grazie a Mariella, e pensare che in principio avevo dubitato della Sua capacità di dominarmi, quando ai giardinetti mi aveva parlato con quel tono gentile e amichevole. Ma negli ultimi due giorni aveva dimostrato di essere davvero quella Donna inflessibile e severa che avevo tanto sognato. Le sarei stato riconoscente in eterno per la premura che aveva mostrato nei miei confronti, per essere stata così disponibile con me.
    Sopra la porticina c'era una finestrella chiusa da un vetro opacizzato. Da essa filtrava quel tanto di luce che mi permetteva di guardarmi attorno. Il sole doveva già essere alto e la Padrona ancora non si vedeva. Dovevo fare i bisognini e iniziai a contare i minuti, ma niente, dovevo resistere.
    Arrivò che doveva essere quasi mezzogiorno, vestita col bel tailleur panna che Le avevo già visto indosso il venerdì e ai piedi, per la mia gioia, i Suoi magnifici stivali. Presi subito a leccarli quando ancora stava togliendomi la catena. Mi lasciò fare per bene, con calma, senza dire nulla. Poi quando ebbi finito mi disse di ascoltarLa bene.
    "Non posso fermarmi, mi dispiace, devo andare a colazione da un'amica. Nel pomeriggio tornerò insieme a lei, perché ha tanto insistito per vedere il mio cagnolino. Ora questa mia amica, si chiama Gloria, si aspetta di trovare davvero un cane, ma non preoccuparti, quando ti vedrà le piacerai. Devi sapere che anche lei fa la vita ma, per l'esattezza, lei è proprio una Padrona. Gli uomini vanno da lei per essere maltrattati ed umiliati, quindi saprà subito come comportarsi con te. Se ti fa piacere pensa a questa come all'ultima prova che dovrai superare per convincermi a prenderti definitivamente al mio servizio. Soffrirai molto, lascerò che sia lei a guidare il gioco questo pomeriggio, e questo vuol dire che potresti essere sottoposto a trattamenti molto più duri dei nostri giochini. Mi raccomando non deludermi…" disse guardandomi fisso negli occhi dall'alto in basso, la dolcezza con cui mi aveva lasciato il giorno prima era scomparsa ed ora il Suo tono era tornato duro e perentorio. Riprese a parlare dopo una breve pausa "…ti lascio libero di girare, ma attento a te: se scopro che ti sei alzato in piedi la pagherai cara e tutto finirà, intesi?"
    Annuii scotendo la testa, tenendo lo sguardo fisso a terra.
    "Va tutto bene?" chiese, notando una mia certa agitazione. Io mugolai, cercando di farLe capire che dovevo fare i bisogni, ma non si curò affatto di me.
    "Non ho tempo ora di giocare agli indovinelli…devo andare, adesso"
    Si chiuse la porta alle spalle e sentii l'auto ripartire.
    Non ce l'avrei fatta mai a resistere sino al Suo ritorno. E, a parte la Sua raccomandazione, anche alzandomi in piedi non avrei risolto nulla. La sera di venerdì aveva chiuso a chiave l'armadio dove avevo riposto i miei vestiti, e con essi la mia chiave della porta d'ingresso. Quindi anche decidendo di disobbedirLe, cosa di per sé poco saggia, non potevo né rivestirmi né uscire all'esterno per espletare.
    Ma mano a mano che il tempo passava vedevo avvicinarsi il momento in cui avrei ceduto. Non potevo più aspettare e infine mi decisi e zampettai fino all'angolo più distante dalla poltroncina della Padrona, alzai la zampina e feci quel che dovevo, sperando molto nella comprensione di Mariella. Quindi tornai alla cuccia e ripresi a sonnecchiare.
    Fui svegliato dal rumore della spider e corsi subito alla porta per accogliere Mariella e la Sua amica facendo loro festa. Le sentivo cinguettare lì fuori, udivo il Loro tacchettio sul selciato avvicinarsi alla porta dietro la quale attendevo. Finalmente entrarono e subito mi prostrai ai piedi di Mariella per adorarLe gli stivali.
    "Oh, ma…Mariella! Che sorpresa!" sentii esclamare da una voce per me nuova. Entrata subito dopo la Padrona l'amica si ritrovò sotto gli occhi quello strano animaletto.
    "Allora Gloria…" disse ridendo Mariella "…ti piace il mio cagnolino?"
    Gloria, a fianco della Padrona, mi guardò per un attimo.
    "Oh certo che sì Mariella…ma di che razza è?" chiese dileggiandomi
    "Ma che vuoi che ne sappia io di cani…sarà un bastardino…l'ho trovato per strada…" Le rispose la Padrona
    "Beh, sono i più affettuosi. Vedi come ti vuole già bene…"
    Mariella si rivolse a me, che Le ero ancora incollato ai piedi.
    "Guarda cucciolo, la mia amica Gloria mi ha dato i nostri avanzi per te…su, ringraziala!"
    Sollevai la lingua dai Suoi stivali e mi spostai verso Gloria. Era una bella donna, sulla quarantina, con la testa spumeggiante di boccoli biondi. Vestiva anch'essa un tailleur in cotone color carta da zucchero, con una gonna molto corta che lasciava scoperta gran parte delle cosce. Aveva gambe stupende, sode e longilinee, che terminavano in stivali di pelle bruna con tacco altissimo. Si era appoggiata al muro proprio a fianco dell'ingresso e teneva sollevata la punta di uno di essi facendo perno sul tacco. Mi avvicinai lentamente, un poco timido, e iniziai a succhiare la punta.
    "Bravo…così!" mi disse Gloria. Mariella era andata alla mia cuccia per riempire le ciotole e ritornò poco dopo, trovandomi tutto preso nel dare il benvenuto alla Sua amica. Le due si scambiarono un'occhiata di intesa e scoppiarono a ridere. La Padrona disse
    "Vedi Gloria, gli piaci…"
    "E' molto bravo…sei fortunata Mariella" Le rispose l'amica. Sentii Mariella chinarsi sopra di me e attaccarmi il guinzaglio. Poi cominciò a tirarmi dietro di sé.
    "Andiamo, su, è l'ora della pappa…"
    Giunto alla cuccia mi precipitai verso le scodelle, infilandoci dentro il viso e cominciando a deglutire i loro avanzi, che Mariella aveva tagliato a bocconcini. Le due amiche mi fissarono divertite per tutto il tempo, continuando a ridacchiare. Sollevai la testa dalla ciotola, avevo terminato di mangiare. Mariella strattonò il guinzaglio per condurmi all'esterno. Riuscimmo ad uscire facilmente e subito mi fece salire sull'aiuola. Gloria si divertì un mondo a vedermi fare i bisognini. Malgrado tutto avevo ancora un po' di soggezione a espletare sotto gli occhi di un'estranea, ma non mi ci volle molto a capire che o mi adattavo o potevo andare incontro a una punizione. Mariella infatti Le stava accanto, fissandomi con uno sguardo truce che parlava da sé.
    Quando ebbi fatto le due amiche si sedettero sul muretto dell'aiuola e ripresero a parlare mentre io pulivo alternativamente gli stivali dell'una e dell'altra.
    "Vedi Gloria…ho voluto che tu fossi la prima a conoscere il mio cagnolino perché so che puoi darmi tanti consigli, con la tua esperienza…"
    "Oh sarò felice di farlo Mariella…devo dirti che sono un po' stupita…tu Padrona, proprio tu…"
    "Eh sì, hai ragione…mi hanno sempre disgustato certe cose, però lui è diverso…vedi com'è servizievole, è proprio il suo istinto…"
    "Sai…" disse Gloria estraendo dalla Sua borsetta una scatolina "…avevo portato un regalino per lui…"
    "Ma non dovevi, sei stata davvero gentile…avanti, ringrazia Padrona Gloria che ti ha fatto un regalo!" mi ordinò Mariella schioccandomi una nerbata sulle natiche col frustino che aveva portato con sé. Presi a occuparmi esclusivamente degli stivali dell'ospite della Padrona.
    Mariella scartò il pacchetto con calma mentre Gloria mi infilava in gola uno dei Suoi tacchi.
    "E' solo un pensiero, una cosetta…"
    "Ma no, è bellissimo, gli piacerà molto. Anche se, sai anch'io in questi giorni l'ho riempito di regali, e non vorrei abituarlo male…"
    "Ma no, non ti preoccupare, basta che ogni volta che gli regali qualcosa tu lo costringa a fare qualcosa di nuovo…così non è più un regalo ma una ricompensa. Ma, scusa la curiosità, da quando lo tieni qui?"
    "Da venerdì sera, l'ho fatto mettere a quattro zampe e da allora non si è più rialzato. Quando vado via lo incateno per non fargli fare danni…oggi è stata la prima volta che l'ho lasciato qui da solo senza legarlo…"
    "Beh, allora devo dire che sei stata davvero fortunata…se è così remissivo potrai usarlo realmente a tuo piacere"
    "E' quello che intendo fare infatti, ma un passo alla volta"
    Detto questo Mariella si chinò per farmi vedere il regalo della Sua amica. Era un piccolo campanello corredato da un nastrino azzurro che la Padrona mi annodò al campanellino del tutore facendo un bel fiocchetto.
    "Così potrai sempre sentirlo e sapere dov'è" disse Gloria
    "Certo, sarà utilissimo anche per insegnargli a muoversi con eleganza. Se lo farà suonare continuamente le buscherà, stai sicura"
    "Non ci avevo pensato ma è un'ottima idea…ora invece, se vuoi, ti insegno un giochino semplice semplice ma che a lui piacerà molto…"
    "Si, si…te ne prego…"
    Allora Gloria si rivolse a me.
    "Su da bravo…sdraiati sul dorso" mi disse gentilmente
    "Hai sentito? Muoviti!" mi incalzò Mariella. Mi distesi sotto di loro, parallelo al muretto.
    "Ora tu Mariella mettigli il tacco in bocca, lo devi tenere impegnato in modo che non possa guardare le mie gambe"
    La Padrona infilò uno dei tacchi nella mia gola in modo che mentre lo ciucciavo fossi obbligato a guardare in alto verso il Suo viso raggiante e divertito. Presi a succhiarlo golosamente, concentrandomi e dimenticandomi ben presto della presenza d Gloria.
    Allora quest'ultima prese a molestarmi i genitali con i tacchi dei Suoi stivali. Mi dava piccoli calcetti, mi sfiorava i punti più sensibili, premeva qua e là su di loro. Qualche colpetto mi faceva sussultare e sentivo allora la pressione del piede di Mariella ricacciare a terra la mia testa, sollevatasi quasi a invocare clemenza a Gloria. Costei era davvero brava nel muovere i piedi, presto persi ogni controllo, mugolavo e piagnucolavo dimenandomi ai Loro piedi e loro mi guardavano allegre. Dopo un poco mi fecero girare su me stesso perché anche la Padrona voleva provare quel nuovo gioco. Mariella giocò un poco con i miei genitali, poi avendo più confidenza, cominciò anche a disturbare il mio ano, premendovi contro la punta di uno degli stivali. All'inizio fu molto discreta nel farlo, poi perse ogni titubanza e cominciò a premere più forte, quasi volesse violarmi con il Suo stivale. Il mio sesso era gonfio e resistevo pensando che di lì a poco, vedendo che stavo per venire, avrebbero interrotto. Invece per la prima volta mi fu concesso di godere. Spruzzai ampi fiotti di sperma sul mio ventre. Mariella che si era alzata in piedi appoggiò uno degli stivali sulla mia pancia in modo che lo schizzassi.
    Ebbi appena il tempo di rifiatare, ansimando a terra. Poi sentì la voce della Padrona rimproverarmi.
    "Bravo! Lo vedi cos'hai combinato? Mi hai inzaccherato tutto lo stivale, sei contento?"
    Scossi la testa impaurito, timoroso di ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco. Mi assestò un paio di frustate secche sulle natiche.
    "Ora pulisci bene se non vuoi essere punito, voglio che luccichino" disse Mariella.
    Cominciai a pulire meticolosamente il fianco che mi offriva, ebbi disgusto nel dover bere il mio seme ma continuai temendo di poterLa far arrabbiare. Quando sollevai la testa per indicare che avevo finito Mariella si mise ad osservare gli stivali, facendoli ruotare sul tacco per accertarsi che fossi stato preciso.
    "Bene…" sentenziò infine "…allora possiamo rientrare"
    Mariella entrò per prima seguita da Gloria a cui aveva ceduto il guinzaglio, ma subito tornò fuori perché aveva dimenticato in macchina le sigarette. Mentre l'attendeva l'amica mi fece passeggiare in tondo per il garage e quando passammo vicino all'angolo dove avevo fatto pipì notò subito che per terra era bagnato. Insospettita si chinò, si bagnò l'indice destro e lo annusò. Mi guardò fisso negli occhi con un espressione stupita.
    "Ma questa è…ahi-ahi…birichino…"
    E mi infilò l'indice in bocca per farselo ripulire.
    "Cosa fate lì…" chiese Mariella rientrando
    "Mariella…credo che dovresti venire a vedere…"
    La Padrona arrivò tacchettando sulle mattonelle, appena vide bagnato si girò verso di me. Il Suo viso si fece rosso di collera, la Sua espressione divenne irritata.
    "Cos'hai fatto? Cos'è quella?" gridò arrabbiatissima prendendo a frustarmi il sedere con violenza.
    "Come ti sei permesso? Che figura! Gloria ti prego di scusare la sua maleducazione…"
    "Non temere…sono cose che possono succedere…" ridacchiò l'altra
    "No, cara. Con me queste cose non devono accadere. E lui lo doveva sapere…quindi adesso ti prendi le totò, cucciolotto bello…"
    Fui preso dal panico, Mariella era furente, gridava istericamente.
    "Ma come…io ti faccio regali, ti do da mangiare…e tu…tu, cane schifoso mi sporchi per terra. Avanti comincia a leccare, asciuga per bene…che alla tua punizione pensiamo dopo"
    Mentre supino raccoglievo con la lingua la mia piscia le due mi prendevano a calci, usando la premura a colpirmi sempre di punta per farmi soffrire di più. Appena ebbi finito Gloria mi trascinò al centro della stanza mentre Mariella andò al baule e tirò fuori la canna di bambù e la frusta da circo, che utilizzava quando doveva punirmi. Consegnò la canna a Gloria
    "Fallo stare fermo!" le disse.
    Io tiravo di qua e di là, come impazzito, in preda al panico, cercando un'inutile fuga, ma Gloria impugnava saldamente il guinzaglio, vibrandomi intanto secche bacchettate sulle natiche
    "Non ti vergogni…aver paura della tua Padrona…" mi rimproverava.
    Mariella fece schioccare la frusta a terra, poi udii il sibilo che percorreva l'aria e un attimo dopo trasalii. La schiena mi parve disintegrarsi in migliaia di pezzi come fosse stata fatta di cristallo, una fitta percorse il mio dorso partendo dai lombi e salendo fino al cervello. Gridai per il dolore.
    "Devo mettergli il morso…" disse la Padrona.
    Gloria mi tenne occupato affibbiandomi una scarica di colpi mentre Mariella andava a prendere il bavaglio a palla che già conoscevo. Io singhiozzavo già stremato. Tornò e me lo caccio in bocca, stringendo bene le cinghie dietro la nuca. Poi si rimise dietro di me e ricominciò a frustarmi. Gloria mi fissava negli occhi mentre subivo la furia dell'amica, per godersi lo spettacolo di un maschio che soffriva.
    "Fidati di me Mariella, questi soggetti sono imprevedibili…pensi di averli in pugno e guarda cosa sono capaci di combinare…"
    "Mia cara, vedremo se quando avrò finito proverà ancora a disobbedire…" Le rispose piccata la Padrona. Ma l'amica riprese a stuzzicarLa. Godeva un mondo nel vedere i miei occhi imploranti e voleva farLa continuare.
    "Solo se avrà timore di te potrà rispettarti, Mariella…devi insegnargli ad aver paura di te…" E la Padrona mi colpiva ancor più forte, per dimostrarLe quanto potesse essere spietata, quando voleva.
    Riuscii a reggere un certo numero di colpi, e ne fui in cuor mio orgoglioso, prima di accasciarmi stremato sulle mattonelle del garage. Il bavaglio mi fu tolto e strisciai subito verso i piedi di Mariella per poterli baciare e farmi perdonare. Intanto che li veneravo Gloria mise un piede sulla mia schiena, e ci spostò sopra il Suo peso. Poi a rigirarmi nella carne il tacco dello stivale, a dir la verità con una certa delicatezza.
    "Avanti Mariella, sediamoci"
    "Volentieri…ma c'è solo questa poltrona, siediti tu, prego…" disse la Padrona un poco imbarazzata
    "Non preoccuparti…" fece Gloria. Con un calcetto all'inguine mi fece rialzare di scatto e sempre a calci mi sospinse fino al tappeto, dove mi fece inginocchiare in posizione raccolta. Poi si rivolse all'amica
    "Puoi sederti su di lui. Servono anche per questo…no?"
    Mariella si accomodò sulla mia schiena. Gloria stava prendendo l'iniziativa, dopo aver preso il guinzaglio. Le due amiche iniziarono a chiacchierare. Io, supino, continuavo a leccare il tacco dello stivale che la Padrona spingeva verso la mia bocca.
    Chiacchierarono per un po' del più e del meno, senza curarsi di me in apparenza, in realtà vigili a cogliere una mia minima mancanza per punirmi nuovamente. Qualcosa era cambiato, lo avvertivo. Aver mancato di rispetto alla mia Padrona davanti all'amica era stato un grave errore, di cui avrei pagato duramente le conseguenze. Era il silenzio, l'aria grave che era scesa nell'autorimessa a comunicarmelo.
    Mariella si alzò dalla mia schiena e l'amica Le consegnò il guinzaglio. Come la sera prima incominciò a farmi girare per la stanza per farmi esercitare sul portamento e le posture. Gloria ci seguiva a pochi passi e si limitava a correggere con delle bacchettate alcuni miei errori di cui Mariella, standomi a fianco, non si avvedeva. Intanto seguitavano a chiacchierare.
    "Vedi Mariella, è come ti dicevo. Ha predisposizione, è nel suo istinto ubbidire ed essere degradato, ma se non correggi subito alcuni suoi vizi farlo dopo sarà molto più difficile. Ad esempio non sai quanto sia importante costringerlo a imitare alla perfezione il modo di muoversi, la gestualità di un cane vero…sembra un esercizio fisico, ma in realtà è soprattutto mentale"
    "Dici davvero?" chiese incuriosita Mariella
    "Certo! Deve abituarsi al Suo ruolo, dimenticare di essere un uomo…"
    Gloria invidiava Mariella, si capiva da come Le parlava. Provava a fare la saccente, a mettere in guardia l'amica da questo e da quello, ma si capiva quanto avrebbe voluto avermi a Sua disposizione.
    A furia di girare in tondo per la rimessa, inchinarmi, assumere varie posizioni, imparai a fare tutte queste cose limitando al minimo i trilli del campanellino e di conseguenza le frustate. Come aveva detto, infatti, Mariella utilizzava quel segnale sonoro come una specie di termometro per valutare quanto impegno ci mettessi nell'eseguire i Suoi ordini, e quando facevo troppo baccano la canna, che si era fatta riconsegnare da Gloria, si abbatteva sadicamente sul mio sedere. L'amica era tornata a sedersi in poltrona e La osservava giocare con me. Fuori si era fatto buio già da un bel po'.
    "Forza hop, hop…" mi incitava Mariella. Stava insegnandomi a trotterellare. Dovevo, a ogni passo, saltellare. Perché la cosa producesse l'effetto voluto andava fatta con un ritmo piuttosto serrato, che mi rendeva difficile dosare le energie nei distinti movimenti, di conseguenza ogni cambio di appoggio rappresentava da sé una sofferenza acuta. Inoltre ero obbligato a mantenere le cosce pressoché aderenti l'una all'altra e gli sfregamenti che venivano a prodursi sui miei genitali si erano fatti presto insopportabili.
    "E come hai deciso di chiamarlo?" chiese Gloria
    "A dire il vero ancora non ci ho pensato…" rispose Mariella distrattamente, mentre con la canna mi dava la cadenza sulle natiche.
    "Beh, un nome dovrai pur darglielo"
    "Si…ma non voglio una cosa scontata tipo fido o fufy…voglio pensarci bene…"
    Feci trillare il campanellino un po' troppo. L'ennesima bacchettata vergò i miei glutei, che dovevano ormai essere rigati di lunghi lividi.
    "Mettiamoci un po' di impegno, eh, cucciolo!" sollecitò un poco seccata Mariella
    "Senti io comincio ad avere un po' fame" disse Gloria guardando l'orologio
    "Sai che facciamo? Andiamo al cinese e prendiamo da portar via. Così ci facciamo dare qualcosa anche per lui…"
    "Ma no, vorrei andare al ristorante…dai, offro io…e in quanto a lui, mi è venuta un'idea…"
    Detto questo Gloria si alzò e ci raggiunse. Bisbigliò qualcosa nell'orecchio di Mariella
    "Questa poi…ma Gloria…" rise Mariella "…non so, ma non gli farà male?"
    "Finché lo fa una volta…cosa vuoi che succeda?"
    "Mah…francamente non saprei…"
    "Ascolta Mariella, ho una certa esperienza con questi qua…solo una cosa del genere può darti la prova della sua devozione…"
    "Beh…" provò a intervenire la Padrona ma l'amica La interruppe subito
    "No, è proprio così…se davvero ti vuole bene vedrai che mangerà la tua cacca senza fare storie…"
    Rabbrividii, avevo capito fin dall'inizio che Gloria stava proponendo qualcosa di eccessivo, ma questo no. Questa era una cosa che non mi ero mai nemmeno immaginato di fare, andava contro tutti i miei principi e aveva implicazioni igieniche che mi spaventavano. Certo uno schiavo non può pretendere di fare solo quel che gli va, deve accettare che la Padrona detti le regole. Ma qui si andava oltre il buon senso.
    Abbaiai e iniziai a guaire per far capire a Mariella la mia contrarietà. Per tutta risposta Lei mi vibrò un colpo di bacchetta in pieno dorso.
    "Silenzio! Come ti permetti? Ho deciso, faremo come dici tu, Gloria"
    Consegnò all'amica guinzaglio e canna perché mi sorvegliasse e andò a prendere le ciotole che posò a terra proprio davanti ai miei occhi. Mi misi a piagnucolare cercando di impietosirLa, ma Mariella era ormai decisa e irremovibile.
    "Basta fare storie…se vuoi mangi, altrimenti salti la cena e vai a cercarti un'altra Padrona, hai capito?"
    Singhiozzai disperato, avevo i nervi a pezzi. Dopo aver sopportato tre giorni di umiliazioni e torture ora stavo per venire ripudiato. E tutto questo a causa della Sua amica Gloria, che stava lì accanto a me. Mi venne voglia di morderLa, ma resistetti all'impulso.
    "Io però davvero non ti capisco…" prese a parlarmi Gloria "…hai fatto tanta fatica, hai sopportato di tutto e adesso per un piccolo capriccio…vuoi rinunciare a tutto questo…eppure lo vedi che Mariella ti vuole bene e fa di tutto per farti felice…ecco sei un ingrato…finché ti fa comodo è bello…poi quando la Padrona ti chiede una piccola prova del tuo affetto…beh, contento tu…"
    Piangevo, non avevo più il controllo di me stesso. Sentivo allo stesso tempo repulsione verso quanto mi ordinavano e timore di perdere Mariella. Gloria continuò a plagiarmi.
    "Dai…cosa vuoi che sia? Sai che io ho un amico che mi paga tanto tanto per mangiare la mia…pensa, è uno della televisione…se lo fa lui lo puoi fare anche te…non fare il prezioso…tanto lo so che alla fine lo fai…vero? Vero che lo fai per far contenta Mariella e la zia Gloria?"
    Cedetti e annuii con la testa. Entrambe mi sorrisero compiaciute.
    Mariella fu pronta in un istante. Si tirò su la gonna, si abbassò le mutandine e china su una delle ciotole cominciò a spingere. Lentamente vidi il Suo ano allargarsi, poi scorsi qualcosa, ecco, pian piano uscì un lungo cilindro scuro, dall'odore nauseabondo, che andò a cadere dritto nella scodella disponendosi a semicerchio.
    "Pulisci la Padrona!" mi ordinò Gloria allentando un poco la presa del guinzaglio in modo che potessi strisciare fin sotto Mariella e pulire il Suo culo ancora umidiccio. Leccai ben bene, pensando che in fondo la sera prima avevo fatto la stessa cosa, a parte il particolare, neanche piccolo, che adesso stava nella ciotola. Ingerii alcuni residui che erano restati attaccati alla pelle della Padrona, lì per lì non mi fece alcun effetto, la cosa anzi mi rincuorò.
    "Con il tuo permesso, Mariella. Tu gli dai da mangiare, io da bere…" disse Gloria ridendo e portandosi sopra l'altra scodella. La Padrona rise anch'essa e con un cenno del viso Le accordò il permesso. Gloria riempì fino all'orlo la scodella, poi la raccolse e la mise a fianco dell'altra, proprio davanti ai miei occhi.
    Poi andò a mettersi a fianco di Mariella che si era seduta in poltrona e riconsegnò nelle Sue mani il guinzaglio. La Padrona diede subito uno strattone per farmi spicciare. Mi mossi verso le ciotole ancora singhiozzando, sperando forse in un atto di pietà di Mariella. Ero nervoso e tremavo, facendo di continuo trillare il mio campanellino.
    "Ecco…" disse Gloria "…potresti chiamarlo…Campanellino!"
    "Campanellino? Uhm…sì, mi piace…Sì, Campanellino, che bello!" approvò divertita Mariella. Poi tornò a fissarmi torva negli occhi.
    "Su…Campanellino…non farti pregare…mangia la pappa!"
    Ero sopra la ciotola, la mia cena mefitica era sotto la mia bocca. Calcolai che 4 o 5 bocconi sarebbero stati sufficienti a ingoiare tutto quanto. Avevo escluso a priori di cibarmene un poco alla volta, non ci sarei mai riuscito. Chinai la testa nella ciotola, e venni assalito dall'odore rivoltante, mi feci forza, avvicinai la bocca e diedi un morso, staccando la testa dell'ignobile pasto e ingoiandola velocemente. Dopo appena un istante sentii un conato di vomito salirmi dallo stomaco, ma riuscii a deglutire ugualmente. Diedi ancora un morso.
    "Alza la testa…voglio vederti mentre mangi il mio stronzo!" mi ordinò Mariella.
    Sollevai il capo trangugiando il boccone.
    "Bevi, cucciolo, sciacquati la bocca…" fece eco Gloria.
    Mi abbassai sulla seconda scodella e sorseggiai un poco del Suo brodino ancora tiepido.
    Insistettero perché non mi ingozzassi e gustassi con calma la mia cena. Al disgusto che provavo si sommò l'umiliazione nel vederLe così allegre e sorridenti. In qualche modo terminai. Mariella raccolse da terra la ciotola e me la spinse contro la faccia per farmi raccogliere con la lingua gli ultimi rimasugli. Poi mi obbligò a bere quanto era avanzato nella seconda ciotola.
    "Ora possiamo andare…" disse la Padrona all'amica, aggiungendo "…ti spiacerebbe aspettarmi in macchina un secondo"
    Gloria si abbassò su di me e mi carezzò la nuca
    "Sei proprio un bravo cagnolino, Campanellino…" mi disse "…Mariella è proprio fortunata".
    Poi si allontanò. Mariella venne davanti a me, offrendomi un'ultima volta uno dei Suoi stupendi tacchi da venerare. Chinai la testa e avvolsi la mia lingua intorno allo stiletto.
    "Sei stato proprio bravo, Campanellino. In questi tre giorni mi hai dimostrato ubbidienza e devozione. Mi sono divertita molto, e con quest'ultima prova ho scoperto quanto tu sia succube di me. Sarai ricompensato per questo, d'ora in poi avrai l'onore di servirmi. Sarò io a farmi viva quando avrò bisogno di te, quindi tieniti sempre pronto. E d'ora in poi non passare più in bici dove lavoro. Mi ha sempre dato fastidio vederti. Ora aspetta di sentirci andar via, poi metti a posto e vattene"
    Detto questo mi allontanò da Lei con un calcetto e se ne andò. Attesi di sentire l'auto mettersi in moto e allontanarsi, poi mi rialzai in piedi.

    fetishzone

     
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    si e' un po' cosi l'ho trovata in giro e l'ho messa...
    anche questa e' vita hihihihi....mmmmm
     
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    Edited by BadBoy29. - 24/2/2023, 09:27
     
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    Un insieme di emozioni, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

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    LA PANCHINA DI MARIELLA

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    Tanto fu l'emozione di quei momenti vissuti e cosi rivestti i miei panni.quel miserabile pantalone in pelle a me tanto caro e dopo che in lontananza sentivo lo scemare degli ultimi sussurri della sua auto mi rivestii.
    Sapevo dove era diretta e sapevo come farla tacere..accarezzavo la lama fredda nel mio giubbotto e umettavo con la lingua le mie labbra assaporando quel momento che non sarebbe tardato molto.
    In un attimo le fui dietro tenendo i miei fari spenti perche' non mi notasse.
    Il cancello di casa sua si apri' e appena fu nel box i fari posteriori si spensero il momento che era ottimo poche avrebbe ormeggiato con la sua borsetta cercando le chiavi e non mi avrebbe notato.
    Nel buio assoluto fui davanti alla porta del suo box e...buonanotte che e' tardiiiiiiiiiiiiiiiii a domani amici della Panchinaaaaaaaaaaaaaaaa
     
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    Vorrei dire che la prima cosa da fare a chi ha picchiato la ragazzina di 11 anni, fare una grossa multa ai genitori, perché solo loro possono essere i guardiani dei loro figli scellerati, in più colpevolizzo tutti quelli che erano presenti.. Multa pesantissima per tutti, vedrete che la prossima volta ci penseranno due volte prima di fare ciò...
     
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