La panchina di Mariella Forever

ADDIO ALFREDO MARTINI COMMISSARIO TECNICO NELLA NAZIONALE CICLISMO

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    Addio a Alfredo Martini, commissario tecnico della nazionale di ciclismo dal 1975 al 1997

    Con lui la nazionale ha vinto sei tioli iridati:

    Da Binda a Nibali, 80 anni di ciclismo Addio all’ex ct Martini
    Aveva 93 anni. È stato il mitico commissario tecnico della nazionale dal 1975 al 1997. Con lui la nazionale ha vinto sei tioli iridati


    Non è stato solo un ciclista. Era il ciclismo italiano Alfredo Martini, scomparso a 93 anni. Un fuoriclasse come Coppi e Bartali che ha espresso in bicicletta solo una parte del suo talento mostrando il resto nei cinquant’anni successivi al ritiro dalle corse. «Ha onorato l’Italia, come c.t. del ciclismo. Ma soprattutto ha mostrato i veri valori dello sport» ha ricordato commosso Matteo Renzi su Twitter.

    Ottimo corridore

    Figlio di un operaio ceramista della Ginori, il fiorentino Martini era stato un ottimo corridore. Passato professionista durante la guerra (1941), capace di vestire la maglia rosa al Giro d’Italia (arrivò terzo nel 1950 dietro a Koblet e Bartali, disputando il Giro per dieci anni senza mai un ritiro) e di vincere gare importanti
    Con Bartali e Coppi divise squadre e strade, trionfi e cadute e lunghi viaggi in cuccetta

    come il Giro del Piemonte e quello dell’Appennino. Con Bartali e Coppi divise squadre e strade, trionfi e cadute e lunghi viaggi in cuccetta per raggiungere le località di gara: «Coppi sempre in prima classe - raccontava - mentre a me se andava bene toccava la seconda. Però spesso Fausto mi faceva accomodare con lui: era un uomo colto, riservato e generoso». Nella leggendaria Cuneo-Pinerolo del Giro 1949, quella in cui Coppi volò per 150 chilometri compiendo una delle più grandi imprese della storia del ciclismo, alle spalle di Bartali arrivò proprio Martini. Fu il «terzo uomo» prima che si imponesse Magni, fu qualcosa di più di un gregario, qualcosa di meno di un campione. Smise di correre già anziano, almeno per l’epoca, nel 1957, pensando di dedicarsi al negozio di abbigliamento che aveva messo in piedi a Sesto Fiorentino. Ma nel 1969 il ciclismo gli tornò nel cuore e per cinque anni (prima alla Ferretti poi alla Sammontana) fece il direttore sportivo vincendo un Giro d’Italia (nel 1971) con lo svedese Petterson.

    Grandissimo ct

    Commissario tecnico della Nazionale lo diventò nel 1975, raccogliendo il testimone da Nino Defilippis in anni di vacche magre per gli azzurri. In ventidue anni Martini ha vinto sei titoli mondiali, ma anche sette medaglie d’argento e sette di bronzo portandoci praticamente sempre sul podio. La sua forza furono dialogo e mediazione tra atleti che spesso si odiavano: riuscì a far trionfare a turno due nemici giurati come Moser (1977, San Cristobal) e Saronni (1982), a far vincere d’astuzia Argentin nel 1986 e Fondriest nel 1988 e a chiudere col doppio capolavoro di Gianni Bugno nel 1991 e 1992. Costretto a lasciare nel 1997 dopo il velenoso Mondiale di San Sebastian, tornò come coordinatore azzurro affiancando Franco Ballerini nel 2001, di cui fu presto costretto a piangere la morte in un incidente stradale a cui dedicò una struggente orazione funebre.
    «Il ciclismo è un viaggio - diceva Martini- e i libri sono il più straordinario modo di viaggiare dopo la bicicletta»

    Fino allo scorso anno ha sempre seguito la Nazionale in trasferta, fino allo scorso luglio (in compagnia del suo erede, Davide Cassani) ha seguito le imprese di Vincenzo Nibali al Tour in televisione. Alfredo Martini, che dichiarava orgogliosamente il suo diploma di quinta elementare, era un uomo di grandi letture (da Steinbeck a Hugo a Dante). E la recitazione a memoria di brani della Commedia era il suo classico commiato alla fine di una cena, con cui riusciva a ipnotizzare i presenti. «Il ciclismo è un viaggio - diceva - e i libri sono il più straordinario modo di viaggiare dopo la bicicletta».


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