La panchina di Mariella Forever

MATTEO RENZI..UN NOME UN PROGRAMMA

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  1. -Mariella-
     
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    RENZI: "MI PIACEREBBE SFIDARE BERLUSCONI.
    MARINI E FINOCCHIARO AL COLLE? BOCCIATI"


    <b>ROMA -Volano 'schiaffi' tra il segretario del Pd e Matteo Renzi. «Ho solo detto che bisogna fare presto, mi dispiace che Bersani cerchi l'insulto. Mi dispiace che i destini personali siano talmente più importanti...». IL 'rottamatorè aspetta ventiquattro ore, poi lancia le sue bordate. Il sindaco di Firenze non manda giù l'attacco del segretario, non tollera che abbia definito «indecenti» le sue posizioni e al Tg5 consegna la sua risposta durissima. Non si morde più la lingua, il sindaco, che boccia senza mezzi termini le possibilità di Marini e Finocchiaro per il Quirinale. E guarda oltre: «Mi piacerebbe sfidare Berlusconi» nelle urne e «mandarlo in pensione», dichiara. Si apre dunque con una guerra interna al Partito democratico sempre più accesa, una settimana decisiva per le sorti della legislatura. Bersani, che potrebbe tornare a incontrare Silvio Berlusconi nei primi giorni della settimana, guiderà i giochi del Pd nella partita per la presidenza della Repubblica. Con la consapevolezza che ad essa è legata la partita parallela per il governo del Paese. La sua linea resta ferma: nessun governissimo, ma un governo di 'cambiamentò, di minoranza. Ma il percorso di Bersani è minato da un Renzi che in tv lo accusa di mettere «i destini personali» davanti a quelli del Paese. A questa accusa pesantissima, Bersani non risponde pubblicamente. Non replicherà ufficialmente, raccontano i suoi, fino a quando non si chiuderà la delicata partita politica che si sta giocando per le sorti del Paese. Ma chi è vicino al segretario si fa sfuggire giudizi sferzanti che riassumono il pensiero del segretario: «Renzi ha fatto tutta la sua carriera politica insultando e rottamando i compagni di partito». Il sindaco di Firenze, da parte sua, non manda giù l'accusa mossagli da Bersani di alimentare il «qualunquismo» in maniera «indecente» con la sua richiesta di «fare presto». «Mi spiace che Bersani cerchi l'insulto e l'accusa, per di più tra persone dello stesso partito», sbotta in un'intervista al Tg5. «Io ho soltanto detto insieme a tanti altri, come il presidente di Confindustria e persino il segretario della Cgil, che non si deve perder tempo. Bisogna mettere un punto alle discussioni romane e iniziare a parlare dei problemi della gente».

    VELENO SU BERSANI Di veleno tra i due ex sfidanti alle primarie ne scorre parecchio. Renzi torna anche sulla telefonata da Roma (smentita da Bersani) che lo avrebbe escluso da grande elettore: «Chi se ne frega - dice - di telefonate ne hanno fatte altre, quello che mi scolpisce è l'atteggiamento da intrallazzini» che dicono «una cosa in pubblico e un'altra in privato». A D'Alema, che ha incontrato la scorsa settimana, il sindaco riconosce almeno di «dire le cose in faccia». Ad agitare le acque dentro il Pd, è anche un altro passaggio al vetriolo dell'intervista di Renzi. Per il Quirinale, sostiene, serve un nome «che coinvolga la maggioranza più alta possibile». E allora Franco Marini non va bene perchè «è stato bocciato dagli elettori in Abruzzo» e Anna Finocchiaro perchè la sua immagine della spesa all'Ikea con la scorta la rende poco adatta a far passare un messaggio «anticasta». «Chi lamenta di essere stato insultato e poi non fa altro che insultare Marini e la Finocchiaro, si qualifica da solo», sarebbe ancora il pensiero di Bersani sintetizzato dai suoi fedelissimi. «Sarebbe meglio finirla qui. Renzi non è chiamato a dare giudizi sui compagni di partito per escluderli dalla corsa al Quirinale». Dalla parte di Bersani resta intanto schierato Nichi Vendola, che dice di «non auspicare alcuna scissione nel Pd, nè deflagrazione interna». Ma scissioni Renzi dice di non volerne provocare: mira piuttosto a conquistarsi la leadership e andare a sfidare Berlusconi nelle urne, per «mandarlo in pensione», non «in galera».

    BOCCIATO IL METODO VENDOLA Adottare il metodo Boldrini-Grasso per l'elezione del prossimo presidente della Repubblica. Parole di Nichi Vendola che riaccendono i contrasti con il centro destra, a quattro giorni dalla prima votazione per l'elezione del presidente della Repubblica. La calma apparente di questa giornata viene infranta dalla presa di posizione del leader di Sel, secondo il quale il metodo che ha portato Laura Boldrini e Pietro Grasso a conquistare la presidenza della Camera e del Senato «è una risorsa anche per il presidente della Repubblica». In sostanza, ora che c'è stato un precedente andato a buon fine, Vendola lascia intendere che non necessariamente Pd e Sel dovranno concordare un nome o una rosa di nomi con Pdl, Lega e gli altri gruppi politici. «Vendola punta a teleguidare il Pd in una scelta per la radicalizzazione», attacca l'ex capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto. «Se la logica, sul Quirinale e su tutto, è quella illustrata oggi da Nichi Vendola, allora se ne deduce che lui e Bersani vogliono il muro contro muro», osserva invece il responsabile dei dipartimenti del Pdl, Daniele Capezzone. Monta l'irritazione della Lega Nord. «Intollerabile è voler imporre il 'metodo Boldrinì, ovvero l'occupazione della sinistra di tutte le istituzioni -commenta il vice capogruppo alla camera, Gianluca Pini- con l'aggravante di non aver nemmeno vinto le elezioni. Se questo è il dato politico c'è anche l'aspetto isterico di questo tipo di proposta che dimostra solo come il Paese sia in ostaggio di gente fiacca, grigia e frustrata, comunque superata dagli eventi».

    Ma Vendola va oltre e, pur utilizzando molta cautela sul nome di Prodi, dice che al Professore non mancano il curriculum e lo spessore politico per sedere sulla poltrona di Napolitano. Fumo agli occhi del Pdl, che con Berlusconi, ieri al comizio di Bari, aveva 'seppellitò l'ipotesi di votare l'ex capo dell'Ulivo, spingendosi a dire che, se venisse nominato Prodi, ci sarebbero molte ragioni per espatriare. Bersani che nei giorni scorsi, sotto la spinta di Napolitano, ha consultato i leader delle varie forze politiche per l'individuazione di un metodo, ha sempre sostenuto che il prossimo presidente dovrà avere un largo sostegno in Parlamento, mentre Cinque Stelle si appresta a formalizzare il nome del proprio candidato che emergerà dalle Quirinarie. Il borsino dei nomi ha un fixing che sale e scende quotidianamente e che risente anche delle indicazioni provenienti dalle diverse aree politiche all'interno dei partiti. Oggi, ad esempio, Dario Nardella, deputato renziano del Pd, ha 'depotenziatò le indicazioni di Anna Finocchiaro e Franco Marini (che tuttavia non dispiacerebbe a una parte del Pdl), suggerendo i nomi di Amato, Prodi e D'Alema. La ricerca di un nome di un politico super partes, che accontenti destra e sinistra, allo stato dell'arte appare un complicatissimo rebus. Ecco perchè, nelle ultime ore, è ripresa a circolare con insistenza l'ipotesi che possa essere una personalità fuori dalla mischia politica a mettere d'accordo tutti: il nome di un costituzionalista, che garantirebbe il rispetto e la tutela della Costituzione e al tempo stesso governare con saggezza e equilibrio l'individuzione di un candidato-premier e la conseguente formazione del governo.
     
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