La panchina di Mariella Forever

ANNA MAGNANI-ATTRICE INDIMENTICABILE

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    A fil di rete
    Magnani, la diva che odiava l'aereo
    In occasione dei 40 anni dalla sua morte, su Diva Universal lo speciale «Donne nel mito: Anna Magnani a Hollywood»

    Tra gli italiani che hanno tentato la strada del successo a Hollywood, nello showbiz più prestigioso e insieme più difficile del mondo, si contano molte rovinose cadute e meteore presto tramontate: in pochissimi ce l'hanno fatta. Tra questi happy few capaci di salire nell'olimpo del cinema americano c'è Anna Magnani. In occasione dei quarant'anni dalla sua morte, Diva Universal la ricorda attraverso lo speciale «Donne nel mito: Anna Magnani a Hollywood» (giovedì, ore 22.45, canale 128 di Sky).

    Il documentario racconta il periodo che l'attrice trascorse negli Usa dalla metà degli anni 50, i film girati con Mann, Cukor e Lumet, i premi, gli incontri con divi come Marlon Brando, Bette Davis e Marilyn Monroe (bellissima la sequenza di apertura con l'incontro tra le due, seduzione e intensità a confronto), il lento ritiro dalle scene Usa per stare vicino al figlio in Italia. Scopriamo che Anna odiava volare e si sottoponeva a lunghi viaggi in piroscafo per raggiungere New York. Che per mesi si è chiusa in casa con un insegnante d'inglese per migliorare la sua pronuncia (è stata l'unica attrice italiana a vincere l'Oscar per un film interpretato in inglese, La rosa tatuata ).

    Ma soprattutto scopriamo il profondo legame di amicizia e sintonia professionale che la legava a Tennessee Williams, suo mentore negli States, due anime sensibili e inquiete che si sono trovate: ispirato da lei, Williams ha scritto alcuni dei suoi personaggi più belli. Il racconto degli anni americani (impreziosito da immagini inedite del Luce e degli Archivi Rai) è molto curioso, ma le parti più belle del documentario sono quelle che ritraggono Anna e la sua cerchia di amici nella Roma degli anni 60, un tempo mitico, tra dolce vita e uscite a tarda notte per «far correre i cani» o dare da mangiare ai gatti randagi.
    27 settembre 2013 | 7:58






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    I tormenti e i baci rubati a Brando
    La fragile esistenza di Nannarella


    In una nuova biografia i segreti di Anna Magnani e 40 anni dalla morte


    «Ho scelto questo mestiere perché volevo essere amata, per ricevere quell’amore sempre mendicato». Non era nata attrice, Anna Magnani. «Avevo solo deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno». E lacrime e carezze hanno scandito la sua esistenza tempestosa, sempre sopra le righe, con la grande Magnani in conflitto perenne con la piccola Anna. La bambina nata senza amore, da madre nubile, troppo giovane e troppo bella per curarsi di lei. Che difatti l’abbandona alla nonna e se ne va in Egitto con un uomo ricco. Ferita indelebile che spingerà Anna a compensare quell’affetto negato con gli applausi. Più che una vocazione, un risarcimento. Più che spavalderia, fragilità. Non una lupa, ma una gattina randagia in cerca di una cuccia calda.

    A svelare questi e molti altri risvolti inediti di quella che forse è stata la nostra attrice più grande, arriva, a 40 anni dalla morte (il 26 settembre 1973), la ricca biografia a lei intitolata firmata da Matilde Hochkofler per Bompiani. La meticolosa indagine si avvale anche degli archivi di Luca Magnani, unico figlio di Anna, che al testo collabora con preziosi ricordi di vita privata.

    Tra le sorprese emerse, proprio il lacerante distacco di Anna dalla madre. «Non mi ero mai resa conto di quanto lei avesse sofferto per quell’abbandono», svela Hochkofler. E poi la scoperta di un’altra Magnani, per niente viscerale e sregolata. «Era metodica, pignola, ossessionata dalla ricerca del personaggio—prosegue l’autrice —. Prima di girare un film si chiudeva in casa a studiare la parte fino a che non le entrava nella pelle».

    La riprova è nel finale di Roma città aperta di Rossellini, film che le spalancò le porte del cinema. Quella scena della sua morte Anna la girò molte volte, cascando sull’asfalto e sbucciandosi gomiti e ginocchia. Altro che attrice istintiva. Una puntigliosità che mette in pratica nel vaglio di qualsiasi copione, persino quando è firmato da un genio del teatro come Tennessee Williams. Con cui nasce un’intesa speciale, un’amicizia amorosa. Poco male se lui è rigorosamente gay, nell’intrico di affetti e complicità Anna coinvolge anche il compagno di Ten, Frank Merlo.

    Lo scrittore le propone di recitare in teatro la sua Rosa tatuata ma Anna, che con l’inglese non se la cava bene, rifiuta. Accetta invece di portare la pièce al cinema e vince l’Oscar come miglior protagonista. Williams è così felice che subito le propone di debuttare a teatro con il suo Orpheus Descending e le promette come partner Marlon Brando. Rivelando doti di esperta drammaturga, Magnani suggerisce tagli e modifiche giudicati azzeccatissimi dallo scrittore. Ma anche stavolta il progetto teatrale finisce sullo schermo, titolo italiano Pelle di serpente. Tra Anna e Marlon la vita sul set non è facile.

    «È stato una specie di incontro di judo tra noi», ricorda lei. Gli grida di essere «un uomo volgarissimo e un grosso cafone», in realtà le piace moltissimo. Che abbia 16 anni di meno poco conta, ad Anna sono sempre piaciuti giovani e belli. Un pomeriggio gli salta addosso. «Cominciò a baciarmi con passione—ricordò Marlon —. Mi sentii in dovere di restituire i baci, ma appena tentavo di sottrarmi lei si stringeva ancor di più. Per staccarla, l’afferrai per il naso e cominciai a strizzarlo con tutte le mie forze». Tra gli amori veri, quello per il marito Goffredo Alessandrini e quello tempestoso per Roberto Rossellini, con cui arrivò allo scontro fisico e al lancio di piatti di spaghetti in faccia. Quando lui la lascia per Ingrid Bergman, lei è distrutta dal dolore. Ma, come le aveva predetto una maga, da ogni perdita esce più forte e battagliera.

    Litiga anche con Visconti, lo manda al diavolo perché durante le riprese di Bellissima osa maltrattare un gattino che lei stava spulciando. Moravia, che come Ungaretti, la stima per le sua intelligenza acuta, la vorrebbe protagonista de La Ciociara ma poi i diritti li compera Carlo Ponti e la parte finisce alla Loren.

    A risarcirla arriva Pasolini, che in pochi giorni le scrive su misura Mamma Roma. Quanto a Fellini, Anna lo incontra sul set de Il miracolo nei panni di un San Giuseppe ossigenato e scostumato. Tanti anni dopo, il grande regista farà carte false per averla nel suo Roma. Nannarella nicchia, non si fida di lui, «un fijo de ‘na mignotta come Rossellini». Ma alla fine accetta. Una sola scena, lei che rientra a casa, a Palazzo Altieri, inseguita dalla vocetta chioccia di Fellini che declama: «Ecco il simbolo della città, un po’ lupa e un po’ vestale… aristocratica, buffonesca…». E lei lo inchioda: «A Federì, ma va a dormì, va…». La sua ultima battuta. Anna esce di scena. Nel cinema e nella vita. La malattia la divora ma non la spezza: «Ho lottato, ho urlato alla vita, oggi posso sorridere alla
    morte».
    05 novembre 2013

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    Prima attrice italiana a ricevere l'Oscar: Il dramma di una moglie devota che dopo la morte del suo amato scopre di essere stata a lungo tradita e schernita dalla gente. È la protagonista del film La rosa tatuata che proiettò Anna Magnani tra i grandi di Hollywood.

    Per il pubblico americano, nel primo decennio postbellico, il cinema italiano ebbe un volto e un nome precisi: Vittorio De Sica. L'attore e regista ciociaro aveva guadagnato la prestigiosa ribalta degli Academy Awards, primo italiano a farlo, con due insuperabili capolavori come "Sciuscià" (1946) e "Ladri di biciclette" (1948), che gli meritarono in seguito il riconoscimento di padre del neorealismo cinematografico.

    In quegli stessi anni, sul palcoscenico italiano nasceva una nuova stella che per la sua verve tipicamente romanesca, era ormai nota più con il soprannome di Nannarella che con il suo vero nome. Dopo gli esordi a teatro e con ruoli secondari sullo schermo, nel 1941 la Magnani ottenne i primi consensi grazie allo stesso De Sica, che la scelse come coprotagonista in Teresa Venerdì.

    Il successo internazionale arrivò quattro anni dopo con la straordinaria interpretazione di Pina nel capolavoro neorealista di Roberto Rossellini (che le fu compagno di vita per un periodo), Roma città aperta, per il quale ottenne il Nastro d'argento come "miglior attrice non protagonista". Il ruolo principale in Bellissima (1951), del grande Luchino Visconti, le spalancò definitivamente le porte di Hollywood.

    A pensare per primo a lei fu lo sceneggiatore Tennessee Williams, popolarissimo negli USA per il dramma teatrale Un tram chiamato desiderio, portato sullo schermo da Elia Kazan. Williams buttò giù la sceneggiatura di un film dal titolo "La rosa tatuata", pensando alla star romana nel ruolo della protagonista. D'accordo con il regista Daniel Mann le proposero la parte e quest'ultima accettò, pur tra mille tentennamenti legati agli affetti familiari e al suo attaccamento alla quotidianità di Roma.

    Iniziò le riprese nei panni di Serafina Delle Rose, giovane immigrata in America legata al marito Rosario, di professione camionista, da un rapporto di profonda devozione. La tragica morte dell'uomo segna il suo doloroso isolamento dal mondo esterno, in cui coinvolge anche la figlia e da cui si ridesta bruscamente quando viene a conoscenza della relazione extraconiugale del consorte. A quel punto decide di ritornare a vivere, aprendosi al corteggiamento di Alvaro (interpretato da Burt Lancaster), collega del marito.

    Uscita nel 1955, la pellicola conquistò la platea statunitense e fece incetta di nomination (otto in tutto) all'edizione degli Oscar dell'anno seguente, portando a casa tre statuette: "miglior fotografia", "miglior sceneggiatura" e "miglior attrice protagonista". Un riconoscimento quest'ultimo che consacrò la Magnani tra i grandi del cinema di allora, vincendo la concorrenza di vere e proprie eroine nazionali, del calibro di Susan Hayward e Katharine Hepburn.

    Avvertita al telefono della sua nomination, Nannarella, anti-diva per eccellenza, pensò subito a uno scherzo e non vi diede alcun peso, rinunciando a partecipare alla grande "notte di Los Angeles". Quando un giornalista americano, alle cinque di mattina, le annunciò al telefono di essere entrata nella storia come prima attrice italiana a ricevere l'Oscar, non credette alle sue orecchie. Prese coscienza che era tutto vero solo quando Marisa Pavan, coprotagonista nel film, le portò la statuetta che aveva ritirato al posto suo.

    Premiata per lo stesso ruolo con un Bafta, come attrice internazionale dell'anno, e con un Golden Globe, come migliore attrice in un film drammatico, la Magnani sfiorò la seconda statuetta quando fu scelta da De Sica come protagonista della Ciociara, parte che rifiutò e che venne poi affidata a Sofia Loren. Fu quest'ultima a vincere l'Oscar nel 1962 e ancora oggi lei e la Magnani sono le uniche attrici italiane insignite del prestigioso premio.
     
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